lunedì 27 aprile 2009

Condoni, condoni, condoni














Sottotitolo: lo scarso Senso Civico Nervianese

Eh già ci risiamo. Italia Italia paese del mare, del sole, del buon vino, delle belle donne – dicono – e dei condoni. Da destra a sinistra la musica è sempre quella, e se uno non paga, evade, costruisce abusivamente, beh non si deve preoccupare tanto prima o poi le cose si sistemano – tanto in questa italietta triste finiscono dentro solo tossici o extracomunitari pericolosissimi, mai e poi mai chi evade –.
E a Nerviano, governo di centro-sinistra, pare che la musica non cambi, anzi: c’è un palazzone abusivo, o semi abusivo, uno scempio tangentopolesco, non vi preoccupate lo condoniamo – e il progettista è lo stesso assessore che all’urbanistica al tempo di tangentopoli!!! –, cioè condoniamo il cambiamento di destinazione d’uso; ma ancora un’associazione sportiva non paga il dovuto da anni all’Amministrazione mentre le altre si? non c’è problema arriva il condono.

COMUNE DI NERVIANO (Provincia di Milano): DELIBERAZIONE N. 29/G.C. DEL 24/2/2009

“Vista l’istanza in data 20.02.2009, registrata al prot n. 5323, con la quale l’Associazione sportiva USD Nervianese 1919, sez. Pallacanestro, ha chiesto la concessione di un contributo straordinario di € 10.083,52 al fine di sanare la situazione debitoria in essere nei confronti del Comune di Nerviano, derivante dal mancato pagamento delle tariffe per l’utilizzo delle palestre comunali negli anni 2005, 2006, 2007, 2008;

Valutata la situazione di difficoltà economica in cui versa l’Associazione in parola, risultante dalla rendicontazione dell’attività svolta negli anni 2007 e 2008, presentata con nota prot. n. 1506 del 19.01.2009;

Considerata l’attività svolta dall’Associazione meritevole di sostegno in quanto finalizzata alla pratica dello sport, nonché alla formazione educativa e sportiva dei giovani del territorio, in sintonia con i principi dettati dallo statuto e dal succitato regolamento comunale;

Ritenuto di accogliere tale richiesta al fine consentire all’Associazione di cui sopra di ripianare i debiti pregressi maturati fino all’anno 2008 nell’utilizzo delle palestre comunali […]”.

E gli altri? E tutte le altre associazioni sportive che hanno pagato regolarmente i dovuti contributi?

Sapete qual è poi il colmo? che la sopracitata associazione, militante in serie C quindi assolutamente meritevole di rispetto – oltre che gestita da amici con i quali collaboro attivamente –, viene pure aiutata in sede di distribuzione degli orari delle palestre, a discapito delle altre associazioni che pagano regolarmente il dovuto, dall’amministrazione stessa alle quali essa non paga le ore che usufruisce. Fantastico.

Grazie a nome di tutte le associazioni che regolarmente pagano quello che l’Amministrazione chiede – giusto o sbagliato che sia –.

Ps. Badate bene non ne faccio una colpa all’US Nervianese Basket, ognuno attua le politiche che vuole, certamente ne faccio una colpa all’attuale amministrazione. Sono e rimarrò sempre contro i condoni, chi sbaglia paga.

fig. 01: un manifesto del vecchio PDS...le cose cambiano (o se ne dicono tante...)

sabato 25 aprile 2009

25 aprile 1945


















Ciao Nonno Pierino!

martedì 21 aprile 2009

Salviamo i Carigg














Ricevo e pubblico volentieri due articoli già pubblicati dall'associazione econazionalista Duma Nunch. Il tema delle aree verdi tra un borgo e l'altro è ormai un tema di fondamentale importanza per la sopravvivenza dei nostri stessi paesi, del nostro territorio, della nostra civiltà (sempre che ce ne sia ancora una), più ancora dei piccoli parchi gioco, più ancora delle aree per correre
o andare in bicicletta, più ancora delle aree standard a parcheggio, è una questione di memoria è una questione di sopravvivenza.

L’area dei Carigg è una grande area verde che si estende per circa 5 kmq tra i comuni di Briosco, Renate e Veduggio, lambendo anche il territorio di Besana nei pressi della Cascina Naresso.
In origine - parliamo di migliaia di anni fa - i Carigg erano un grande lago, come quelli di Pusiano ed Oggiono. Essendo l’invaso meno profondo, progressivamente venne riempito dai depositi provenienti dai versanti e dal trasporto dei corsi d’acqua.
La riduzione degli apporti idrici e lo svuotamento per un progressivo abbassamento della soglia del suo emissario principale - la Bevera - hanno portato alla trasformazione dei Carigg da lago a torbiera. Il Cherubini, nel suo memorabile Vocabolario milanese-italiano del 1843, così scrive alla parola Carècc: “Voce dell’Alto Milanese. Giuncaja. Giuncheto. Luogo pieno di giunchi o carici o caretti che si dicano; il Carectum dei Latini. Fra Renate e Bruscò in Brianza è un Carècc vastissimo”.
Oggi il lago dei Carigg è diventato una vera e propria oasi naturale nella Brianza cementificata: anello di congiunzione tra il Parco Valle del Lambro e il Parco Agricolo della Valletta.
Centinaia di persone passeggiano lungo i sentieri recuperati dai volontari in questi anni, bikers attraversano contenti i ponticelli sul Fossarone e sulla Bevera, e innumerevoli specie di uccelli popolano quel che resta dei canneti.
Non vogliamo che la speculazione edilizia cancelli questo lembo di Brianza rimasto miracolosamente intatto, sotto lo sguardo severo del Resegone e la vigile sorveglianza del bianco mausoleo dei Visconti. Non servono soldi pubblici da spendere, né enti inutili da inventare: basta la volontà di conservare quello che Dio ci ha dato in affido...
(Paolo Pirola)

Ambienti d’acqua, siepi, incolti e altri ecosistemi, molti dei quali sempre meno diffusi: il paesaggio dei Carigg è un mosaico molto articolato. Sono i territori che gli appassionati naturalisti, nella fattispecie quelli che girano con il binocolo, amano molto. La varietà di ambienti, anche in uno spazio non estesissimo, attira tante specie. Ai Carigg troviamo ecosistemi che, a livello europeo, stanno sempre più scomparendo. Si tratta dei sistemi delle siepi, degli incolti, dei prati: situazioni collegate ad una agricoltura del passato che offre spazio a una grande varietà biologica. Un tempo erano molto diffusi; oggi i metodi di coltivazione su basi industriali e il sempre più sfrenato utilizzo delle aree verdi marginali - le famose aree “da valorizzare” - per costruire nuovi quartieri residenziali li stanno via via cancellando. Non è un caso che tra le specie di uccelli che più soffrono nel nostro continente vi siano proprio quelle legate alle zone agricole e agli ambiti ad esse immediatamente collegate. I Carigg rappresentano un residuo della campagna di una volta, ma non solo. Ad arricchire il tutto contribuisce anche la presenza dell’acqua.
Negli anni diversi appassionati hanno svolto uscite da queste parti, compilando una lista di specie molto interessante. Qui girano tante specie di rapaci, tra i quali l’albanella reale e il lodolaio. Cinque specie di aironi frequentano il sito durante l’anno, sia in periodi di nidificazione che nel corso di spostamenti e migrazioni. Ma sono loro, i passeriformi, gli uccelli piccoli, i protagonisti principali. Gli zigoli, ad esempio, o diverse specie di fringillidi trovano in questo angolo di Brianza cibo e rifugio. Ci sono poi i passeriformi delle siepi e del canneto: su tutti il beccamoschino, molto poco diffuso dalle nostre parti, cannaiola e cannaiola verdognola, beccafico e capinera. Gli spazi incolti, tesori da proteggere, offrono spazio ad una specie sempre più in diminuzione: il bellissimo saltimpalo, per il quale può essere deleteria anche la sparizione di paletti e staccionate. Girando con il binocolo potremo incontrare i colori del martin pescatore, del gruccione e dell’upupa, o cercare la sempre meno comune tortora. O, nel periodo di migrazione, cercare nel crepuscolo il verso del misterioso succiacapre.
(Matteo Barattieri)

lunedì 20 aprile 2009

Dell'esperienza politica

















Spesso mi pare di assistere a una sorta di teatrino della politica di basso livello. Mentre da un lato si fa finta di non capire quello che scrivo, e lo si interpreta spesso malamente, dall'altro si coglie sempre l'occasione per rimproverare al sottoscritto e ad altri chissà cosa, forse un astensionismo politico. Non lo so.
Non ho mai scritto di me, della mia esperienza, se così si può dire, politica ma colgo l’occasione per fare chiarezza una volta per tutte. Riesco a farlo in modo più o meno dettagliato data la brevità di questa stessa esperienza.

Nel 1990, a sedici anni, mi avvicino alla “politica scolastica” all’ITCGPA Maggiolini partecipando attivamente a manifestazioni, assemblee studentesche, ecc, dicendo la mia, parlando agli altri studenti, ecc. Nel 1991 mi presento alle elezioni per il rinnovo del consiglio di istituto e vengo eletto. Rimango in carica un anno, nel 1992 mi ripresento e vengo rieletto. Sono anni splendidi, definiti poi, più avanti, da altri, la “Primavera del Maggiolini”: anni in cui si riorganizza la vita dell’istituto, anni in cui partono sperimentazioni, anni in cui si scrive il regolamento d’istituto, che prima non c’era, anni in cui il Maggiolini è il centro intellettual scolastico della zona tra Rho e Legnano. Per dirne una o due, scrivo il regolamento di istituto – la sera – per la sezione studenti, che istituisce il comitato studentesco, disciplina scioperi e manifestazioni – avvisare presidenza con anticipo, decisioni a maggioranza qualificata in assemblea ecc – degli studenti, prima lasciati alla decisione di pochi, propongo poi in seno al consiglio la sperimentazione della lingua inglese nei geometri sino al quint’anno – prima si studiava fino al secondo anno – e lo studio dell’informatica.

All’università mi concentro solo sullo studio e sull’architettura, ma nel 1993 – diciannove anni – vengo contattato dall’allora segretario del Partito Popolare Italiano e nel 1994 partecipo alle elezioni come indipendente. Inizio a frequentare la politica nervianese, conosco l’allora “nemico” Sergio Parini, Domenico Marcucci, Paolo Musazzi, Paolo Grassini, ecc. Dopo il tracollo del PPI e la scissione Bianco-Buttiglione alcuni nervianesi democristiani doc vorrebbero andare avanti con una lista civica. È la linea del partito. Contro tutti sostengo che non è giusto, che bisogna guardare alla politica nazionale, anche subirla se necessario. Raccolgo consensi subito e il partito si scinde.

Nel 1996 nasce l’Ulivo e da subito sostengo la politica di Veltroni e Prodi – all’epoca la stessa, più o meno –. Sempre da indipendente partecipo anche alle elezioni del 1998.
Nel 2003 – ventinove anni – con un gruppo di amici, una volta si sarebbe detto con un gruppo di intellettuali, ci stacchiamo dai partiti e dalla politica dei partiti per fondare una lista civica indipendente, Primavera Democratica, o PD (!). Le motivazioni sono tante, tra cui certamente tre nostre richieste che non vengono accolte: il simbolo unico, l’ulivo – o altro –, una lista unitaria e non una per partito – il PD non c’era –, le elezioni primarie per la scelta del candidato sindaco. Ci presentiamo alle elezioni con grande successo – circa il 30% – nelle frazioni, dove eravamo molto conosciuti, e con scarso successo nel capoluogo. Per vari motivi, tutti personali e lavorativi, dopo riunioni drammatiche, anche di scontro tra noi, ci sciogliamo e decidiamo di tornare ciascuno al proprio lavoro e alle proprie associazioni. Ma quell’esperienza rimarrà davvero unica.

Decido di frequentare la politica nervianese da simpatizzante e non da attivista. Nelle ultime elezioni, credo 2006, per vari motivi, tutti personali, malattie, lavori, studio ecc, Primavera Democratica non si ripresenta, io sto chiudendo il dottorato in Spagna e non mi candido. Sostengo invece Dario Carugo, anche se da lontano, che fu già candidato giovanissimo della PD (primavera) oltre che, non si offenderà di certo, allievo, almeno per il basket, eheheh, persona saggia, intelligente e buon amico – colgo l’occasione per fargli gli auguri, oggi infatti si è laureato ingegnere! –.
Una volta finito il dottorato parte, come un fulmine a ciel sereno, il PD nazionale e con un gruppo di amici con cui avevo partecipato alla prodiana e bolognese Fabbrica del Programma, partecipiamo al dibattito sul PD. Una volta capita l’aria conservatrice che tira all’interno dei due gruppi principali fondatori, DS e Margherita, per primo mi tiro indietro. Partecipo per onore di firma alle elezioni primarie del PD nervianese nel 2007, e sempre nel 2007 fondo con i soliti amici i Laboratori Democratici, che ben presto vengono chiusi, un po’ dall’alto, se così si può dire, un po’, soprattutto, per problemi personali.
Questa è la mia esperienza politica. Come vedete non ho nulla da nascondere e non capisco quando chi non mi conosce mi accusa di scappare dai problemi. Al limite si scappa, o io scappo dalla politica nervianese, per problemi personali o per altre cose che in libertà ritengo esser più importanti. Non è lecito? Non nascondo neppure i miei autori e politici di riferimento e li metterò in calce.

Da quanto scritto si potrebbe semplicemente riassumere il tutto dicendo che essendo sempre stato trombato anche se per poco, me ne sono sempre tornato alla mia attività principale il lavoro, sociale e professionale, e lo studio.

Per quanto riguarda invece alcune battaglie che mi hanno visto ancora presente nonostante il mio volontario esilio dalla politica nervianese, mi limito a dire che ci sono alcuni temi che più di altri mi toccano di persona, non nel senso degli interessi personali ovviamente – ricordo che l’unica proprietà che aveva la mia famiglia è stata espropriata e che io posseggo solo un computer una moto e un po’ di libri –, ma nel senso degli interessi del cuore, e tra questi ricordo ne ricordo due: il convento degli Olivetani e il Fungo.

Infine la partecipazione alla commissione paesaggio. Ci sono dei requisiti per far parte di quella commissione e c’è stato un bando pubblico. Ricordo che il sottoscritto è stato scartato in prima battuta e ripescato, solo perché unico superstite, dopo che alcuni membri della commissione stessa si sono dimessi. Ricordo che faccio già parte della stessa commissione a Parabiago da due anni e che a parte molti nemici geometri e speculatori e qualche pomeriggio con il mal di pancia non ci ho guadagnato nulla da quella partecipazione, così come non ci guadagnerò nulla in questa – almeno a Parabiago riconoscono un gettone di 24 € a Nerviano “manco” quello –. Se ci si aggiunge l’impossibilità di firmare progetti sul territorio si capirà molto bene che questa partecipazione è una missione più che altro.
Giovedì pomeriggio ci sarà la prima seduta della commissione paesaggio a Nerviano.
Prima di iniziare, dato che sono in tema, volevo rendere pubblico una sorta di manifesto di intenti: non considererò e quindi voterò contro a tutto ciò che puzzerà di speculazione o di volgarità, quindi niente tettucci, niente lucernari vernacolari, niente archetti, niente progetti mal disegnati; considererò e probabilmente voterò a favore invece di interventi anche drastici e apparentemente drammatici se ben disegnati, se intelligenti, cioè se si riferiranno in qualche modo alla storia dell’architettura e alla storia dell’architettura moderna.
L’inquisitore è arrivato, temete speculatori e profeti dell’edilizia tradizionalista e vernacolare, ahahahhaha – chiudo ovviamente con ironia per sdrammatizzare –.

Cinque testi per me fondamentali:

ANTONIO GRAMSCI, Le opere, a cura di A. Santucci, Editori riuniti, Roma, 1997.

CARLO ROSSELLI, Socialismo liberale, introduzione e saggi critici di Norberto Bobbio, a cura di John Rosselli, Einaudi, Torino, 1997,

GIUSEPPE ARMANI, La forza di non mollare. Ernesto Rossi dalla grande guerra a Giustizia e Libertà, presentazione di Arturo Colombo, Franco Angeli, Milano, 2004.

NORBERTO BOBBIO, Destra e Sinistra, ragioni e significati di una distinzione politica, Donzelli Editore, Roma, 1994.

MASSIMO CACCIARI, Geofilosofia dell’Europa, Adelphi Edizioni, Milano, 1994.

Ce ne sarebbero molti altri, ma questi, su tutti, sono quelli in cui mi rifugio quando mi chiedo da che parte stare, le fonti antiche alle quali correre quando si ha sete.

venerdì 17 aprile 2009

Della normativa edilizia e del tecnico comunale

Intanto ben tornati dalle vacanze pasquali per chi di voi come me le ha fatte – dopo aver passato qualche giorno di lavoro e sci in montagna sono di ritorno da Parigi, dove ho accompagnato i ragazzi della comunità in cui abito per 4 giorni stupendi –, cioè bentornati a quanti come me preferiscono spendere quei pochissimi soldi che ci sono in viaggi.
Confesso che il tema di cui sto per scrivere non mi entusiasma particolarmente, anzi tutt’altro. Parlerò di norme, codici, codicilli e burocrazia.

Da qualche tempo si sente in televisione e si legge sui giornali della Legge che rilancerà, almeno così si dice, l’edilizia italiana. Premesso che non condivido per niente l’idea che debba essere rilanciata l’edilizia quanto piuttosto dovrebbe essere migliorata la qualità del costruito, in termini di composizione, di rapporto con la storia, con la cultura architettonica internazionale, in termini anche ma non solo di qualità tecnica e tecnologica, insomma in una parola dovrebbe essere rilanciata l’architettura; premesso quindi che si dovrebbe dare più spazio all’architettura in questo tutto mediatico quanto assurdo dibattito; premesso questo ancora una volta in questa nostra Italia governata da avvocati e giuristi, e non da filosofi, storici e architetti, il dibattito si concentra sull’unica cosa che non tocca quasi per nulla il territorio, che non tocca la nostra cultura, ma che invece, sembra, apparentemente toccherà o potrebbe toccare i portafogli tutti, o purtroppo di alcuni speculatori: la norma sull’incremento di volumetria.
Non voglio entrare nel merito dei problemi sollevati in questi giorni, è talmente stupido questo dibattito che non mi ci soffermo nemmeno un istante. Dico solo che, anche rimanendo nel campo delle norme e dei codici, la volumetria è solo uno dei tantissimi aspetti: vi sono poi altri regolamenti da rispettare, le norme comunali, i regolamenti edilizi, le distanze dai confini, i limiti in altezza, ecc. Insomma si è montato un gran polverone, come al solito di questi tempi, su una norma che pare toccherà pochi.

Quando si parla invece di snellimento dei processi burocratici si tocca secondo me un tasto delicato e penso giusto. Come al solito vi racconto un aneddoto particolare, locale, che però può, credo, esser trasposto anche altrove. Questa mattina mi sono recato nel comune di San Vittore Olona, comune del nord ovest milanese che come quasi tutti qui, e forse più di altri, non brilla certamente di architettura propria – ma è colpa dei tecnici comunali o è colpa degli architetti, dei tecnici, dei politici, o degli immobiliaristi? o di tutte queste figure –, dove ho presentato una piccola pratica edilizia. Come spesso succede dopo averla protocollata i tecnici si sono accorti che mancava una cosa. Ma ancora non è questo il punto. Telefono in comune, risponde subito il tecnico incaricato, mi da appuntamento dopo un’ora circa, mi presento con un disegno stampato su un foglio A4, lo timbro lo firmo e lo consegno. La pratica è integrata e può andare avanti. Succede ovunque così? No. In altri comuni le richieste di integrazione sono solo scritte, e se da un lato potrebbe essere un bene dall’altro capirete che l’applicazione intransigente della norma porta a una risposta non dopo un paio di giorni senza fermare il decorrere della pratica, ma porta a una risposta al termine, o quasi, dei 30 giorni previsti dalla legge, dopo di che bisogna ripresentare il tutto e aspettare di nuovo altri 30 giorni, sperando che nel frattempo al tecnico di turno non sia venuta in mente un'altra piccola scritta mancante, una quota, un segno, un alberello, ecc.
Insomma con le stesse norme, più o meno, con le stesse regole, due vecchi centri poco distanti, simili, entrambi distrutti dalla speculazione degli anni ’60 e degli ultimi anni, dal ’90 a oggi – non un centro speculativo e volgare, uno, e l’altro un paradiso terrestre dell’architettura –, in due paesi così simili, entrambi sull’asse del Sempione quali potrebbero essere per esempio San Vittore Olona e Nerviano, da un lato ce n’è uno in cui le pratiche non si fermano e i tecnici sembrano – questa è la mia esperienza – pronti a integrare in corsa alcune piccole lacune che sempre ci sono, data proprio l’applicazione differente da comune a comune della norma stessa, dall’altro un comune che sembra paralizzato da carte, lettere, norme, ecc. Ma è la norma o è l’applicazione della norma stessa che porta a così diversi risultati pratici?

E allora, per tornare a noi, a cosa servono nuove norme se poi l’applicazione si fa rigorosa burocratica, severa, intransigente e ottusa? Non penso a una liberalizzazione e a un interventismo sfrenato, penso invece a controlli preventivi severi, severissimi, a limiti dell’edificazione incondizionati e incondizionabili – in particolare nell’alto milanese –, penso a giudizi preventivi da vere commissioni tecniche, o dall’ordine degli architetti, come succede in Spagna, da commissioni paesaggistiche, compositive – quali fossero antiche commissioni d’ornato –. Non servirebbe di più spronare gli architetti a un’architettura degna di questo nome, organizzare mostre, incontri, dibattiti televisivi, mediatici e locali sull’architettura, fare interventi pubblici che guardino all’Europa e non al parchetto sotto casa e al villino con gli archetti, i mille tettucci e i sette nani davanti la porta?

Solo la luna
Rimbalzando sopra il lago

Sorrise quando poi la luce ritornò