venerdì 28 dicembre 2007

Parco Urbano, Parco Extraurbano e Parco Agricolo


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In questi giorni a Nerviano si sta accendendo una polemica – che spero sfoci in un dibattito costruttivo – su alcune aree considerate, secondo me se volete ingenuamente, da amministratori comitati e cittadini parchi pubblici. Ma astraendomi per il momento da quella polemica mi sorge subito una domanda: cos’è un parco o cosa si può intendere per parco. Può essere considerato parco un piccolo spazio, di poche centinaia di metri quadrati, con qualche altalena, una o due, uno scivolo, una vasca per la sabbia e un castello per bambini?

Ho già avuto modo su questo diario di scrivere in merito al Parco Agricolo sovracomunale del Roccolo, alla sua presente assenza, ora vorrei provare a fare chiarezza su quello che si può intendere, o che comunque all’estero comunemente si intende, per parco. Intanto bisogna distinguere tra parchi urbani e parchi extraurbani, vorrei per ora soffermarmi sui primi.

Erano certamente urbani, ma intesi in un senso diverso in una società diversa, i parchi del Rinascimento italiano, il Barco Ducale a Milano, antenato del parco Castello, o il Giardino di Boboli, o i Giardini Vaticani; ma anche i parchi del XVII e del XVIII secolo, quasi sempre legati alla presenza di Ville signorili urbane e sub urbane (MARCANTONIO DAL RE, Ville di delizia o siano palagi camperecci nello Stato di Milano, (ed. originale 1743), a cura di Pier Fausto Bagatti Valsecchi, edizioni Il Polifilo, Milano, 1963), come il giardino di Villa Litta a Lainate, o i giardini borromei sul lago Maggiore.
Indubbiamente a partire dal XIX secolo, con la rivoluzione borghese, il tema del parco urbano assunse connotati diversi. Tra ottocento e novecento uno dei luoghi centrali su cui si doveva strutturare la nuova città era il parco pubblico. Pensate all’Hyde Park (http://it.wikipedia.org/wiki/Hyde_Park) di Londra, modello per le città di fine ottocento e inizio novecento, ma anche al Tiergarten a Berlino, o al Theresienwiese di Monaco di Baviera – non solo luogo dell’Oktoberfest –, grandi parchi interni alla città, costruiti su modelli naturalistici, con laghi, boschi, prati, passeggiate, ma anche pieni di riferimenti al giardino all’italiana, con labirinti, aiuole fiorite, piantumazioni regolari, ecc. Isole verdi interne alle città dove la società borghese poteva girare in carrozza, a cavallo, o a piedi, dimenticando per un momento le ansie lavorative.
Anche nella città moderna, sia quella razionale e pianificata di Le Corbusier e degli architetti europei, sia quella in qualche modo sregolata e irrazionale del nord America (REM KOOLHAAS, Delirious New York: un manifesto retroattivo per Manhattan, edizione italiana a cura di Marco Biraghi, Electa, Milano, 2001), il tema del parco urbano e delle aree verdi urbane rimase certamente uno dei temi centrali su cui il progetto della città doveva strutturarsi. Penso al più grande parco urbano del mondo, il Central Park di NewYork (http://www.centralpark.com/), o ai parchi della grande Mosca moderna e socialista, pre-stalinista, o ai parchi di Helsinky, o comunque ai parchi delle città nord europee.







È evidente che si tratta di parchi grandissimi, enormi, ma il problema italiano, lombardo, milanese e nervianese, non è un problema dimensionale, è un problema di scala. A nessuno verrebbe in mente di costruire un Central Park a Garbatola o S.Ilario, o di pensare alla Ville Radieuse in scala nervianese, ma un buon amministratore e un buon cittadino dovrebbero porsi il problema della riqualificazione delle aree verdi, e dell’individuazione di nuovi parchi urbani, come un problema centrale per la città moderna e come un problema di architettura e pianificazione. E invece sempre più spesso si litiga su piccolissime aiuole, scivoli, altalene, castelli, vasche di sabbia, e ragionando nel micro si lascia che le nostre città, e il nostro territorio, vengano distrutti, devastati e martoriati da polemiche sterili e pianificazioni dissennate.

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