martedì 23 novembre 2010
Riqualificazione piazza don Musazzi Garbatola (part. 2)
2. La piazza Don Musazzi: carattere e monumenti
«Concepito in stretto rapporto con gli edifici dei rustici [...], i portici, i fienili, le cantine, i granai, le stalle, le cascine, le colombaje, l’abitazione del fattore e quella del contadino e de’ bifolchi» , il sistema cascina-villa può essere considerato un elemento tipicamente milanese. Una caratteristica del sistema cascina villa, oltre alla continuità tra dimora signorile e abitazioni coloniche, era la presenza di un giardino, nei casi più importanti di un vero e proprio parco, su un lato o tutt’attorno a essa. Ovviamente variavano le dimensioni e l’accuratezza dei giardini, o dei parchi, a seconda della disponibilità economica della famiglia. Borromeo, Litta, Arese, Trivulzio, Brivio, Stampa, per dirne qualcuna, erano certamente tra le famiglie più facoltose e le loro ville avevano spesso dei giardini splendidi, ma a fronte di queste c’era tutto un sistema di piccole ville, o meglio di piccole case da nobile, con piccolo giardino spesso enfatizzato e impreziosito da sistemi architettonici classici, pavimentazioni ricercate, sparse per tutto il territorio, sistema che appunto costituiva e costituisce ancora oggi la struttura osteologica del territorio altomilanese.
Il borgo di Garbatola era composto da una serie di case coloniche e da due case da nobile. Le due case da nobile si sviluppavano ciascuna attorno due corti, una rustica, per il ricovero degli animali e dei massari, e una signorile, ornata da archi e colonne in granito. Entrambe sul loro lato orientale confinavano con giardino privato. Uno fu smembrato, frazionato e lottizzato a partire dal primo dopoguerra, l’altro fu smantellato nel 1930 e trasformato nell’attuale Piazza don Musazzi.
In ogni Cassina in epoca borromaica furono fondati, o risistemati, una serie di oratori, piccole chiese per la comunità contadina. Erano edifici semplici, spogli o pochissimo decorati, composti da 3 vani: un primo vano spesso quadrato per i fedeli, un secondo vano più piccolo che costituiva la cappella maggiore per l’altare, un terzo vano adiacente a quest’ultimo, a destra o a sinistra e con questo direttamente comunicante per la sagrestia. Adiacente a una delle due case da nobile, già di proprietà Crivelli e poi Salvioni, sul confine con l’attuale via Isonzo e l’attuale Piazza Don Musazzi fu edificato attorno al 1615 il piccolo Oratorio dei Santi Biagio e Francesco.
Dalle descrizioni dei vescovi in visita pastorale alla cascina Garbatola si evince che davanti e sul lato settentrionale della piccola chiesina era sistemato il cimitero del borgo. Cimitero che tuttavia fu smantellato nel XIX secolo e trasformato prima piazzetta del vecchio borgo. Sulla mappa del catasto LombardoVeneto con la lettera A è contraddistinto l’Oratorio di S.Francesco, il quale affacciava su quello che appunto un tempo era il cimitero del borgo, e che è indicato con la lettera B: «Piazza avanti il detto oratorio».
Nel 1905 l’antico Oratorio, divenuto troppo piccolo, fu abbandonato e a nord dello stesso, in un terreno libero fu costruita l’attuale chiesa di San Francesco e San Sebastiano. Essa non aveva un sagrato vero e proprio, così nel 1930 fu smantellato un pezzo del giardino della seconda casa da nobile, che un tempo ospitava la sede della comunità garbatolese, furono piantati i due grandi alberi ancora oggi esistenti, fu innalzato un monumento ai caduti e fu così realizzata una nuova piazza, ortogonale alla prima.
La piazza don Musazzi di oggi è pertanto il risultato di una serie di interventi successivi, di trasformazioni e di progetti.
Intervenire sulla piazza oggi è certamente uno dei compiti più difficili e insieme interessanti. Progettare una piazza per la Garbatola di oggi significa da un lato confrontarsi con il passato e la memoria del borgo, dall’altro ripensare al centro di una comunità che ha bisogno di riconoscersi in un luogo pubblico condiviso.
(continua)
Giusto per continuare la polemica, ricordo che la giuria ci ha dato praticamente zero punti per la conoscenza del luogo. Per contro in sede di stesura del bando mi chiamarono dagli uffici comunali, per conto della responsabile S. Morlacchi, per chiedermi se mettevo a disposizione del materiale storico e cartografico a tutti i concorrenti... che tristezza.
sabato 20 novembre 2010
Sul blog
Nato qualche anno fa da un’idea di una persona a me carissima, si potrebbe dire la mia compagna dell’epoca, questo blog parte appunto con l’idea di raccogliere una serie di scritti e scrittini, una volta si sarebbe detto elzeviri, per metterli a disposizione di tutti. Scritti di architettura, scritti di critica, scritti politici, ma soprattutto scritti di ricerca. Una ricerca ovviamente ancora una volta molto personale e tagliata su quelli che sono i miei interessi personali.
Nel tempo poi ho visto, e sono stato molto contento di questo, che questo spazio è diventato un luogo di incontro, un luogo dove non solo molti colleghi architetti, molti studenti, molti amici, si fermavano per qualche minuto, ma anche molti politici e amministratori locali – chissà poi cos'hanno capito, almeno quelli che conosco, dato che non hanno mai messo in pratica nemmeno una volta quello che ho scritto, anzi si sono sempre comportati esattamente all’opposto –. In ogni caso questo continua a rimanere uno spazio privato, uno studio privato ma aperto a tutti, dove tutti possono partecipare e collaborare alla ricerca, proprio com’è stato il progetto della piazza del mio paese: un’opera di tanti. Una casa del popolo, o uno studio del popolo, eheheh, un utopia? Forse si, ma almeno sul web ci è concessa.
Vi faccio due esempi recenti, di ieri, di cos'è questo spazio: ieri a Milano, dove mi trovavo per lavoro, mi ha fermato un'architetto, e quando mi hanno presentato “architetto Pravettoni” lei subito mi ha detto “ma quello del blog? Carino...”; oppure questa mattina uno studente della facoltà di architettura al secondo anno, che ha incrociato per sbaglio sul web un mio scrittino, si è presentato in studio per fare una chiacchierata e per chiedere consigli sulla sua ricerca. Questo è laboratorio di architettura, un laboratorio di idee. Non certo uno spazio di denuncia delle malefatte comunali, anche ovviamente; non certo uno spazio di critica alla mia cara sinistra, anche ovviamente; sicuramente non uno spazio politico ma uno spazio per i politici.
Sul fare politica, invece, beh...ci sto pensando, sto pensando seriamente cioè di tornare, dopo qualche anno, a farla in prima persona, ovviamente con il cuore a sinistra ma senza riconoscersi in nessuno, e sottolineo nessuno, degli attuali dirigenti o amministratori. D'altronde l'ha fatto pure Boeri...
Nel tempo poi ho visto, e sono stato molto contento di questo, che questo spazio è diventato un luogo di incontro, un luogo dove non solo molti colleghi architetti, molti studenti, molti amici, si fermavano per qualche minuto, ma anche molti politici e amministratori locali – chissà poi cos'hanno capito, almeno quelli che conosco, dato che non hanno mai messo in pratica nemmeno una volta quello che ho scritto, anzi si sono sempre comportati esattamente all’opposto –. In ogni caso questo continua a rimanere uno spazio privato, uno studio privato ma aperto a tutti, dove tutti possono partecipare e collaborare alla ricerca, proprio com’è stato il progetto della piazza del mio paese: un’opera di tanti. Una casa del popolo, o uno studio del popolo, eheheh, un utopia? Forse si, ma almeno sul web ci è concessa.
Vi faccio due esempi recenti, di ieri, di cos'è questo spazio: ieri a Milano, dove mi trovavo per lavoro, mi ha fermato un'architetto, e quando mi hanno presentato “architetto Pravettoni” lei subito mi ha detto “ma quello del blog? Carino...”; oppure questa mattina uno studente della facoltà di architettura al secondo anno, che ha incrociato per sbaglio sul web un mio scrittino, si è presentato in studio per fare una chiacchierata e per chiedere consigli sulla sua ricerca. Questo è laboratorio di architettura, un laboratorio di idee. Non certo uno spazio di denuncia delle malefatte comunali, anche ovviamente; non certo uno spazio di critica alla mia cara sinistra, anche ovviamente; sicuramente non uno spazio politico ma uno spazio per i politici.
Sul fare politica, invece, beh...ci sto pensando, sto pensando seriamente cioè di tornare, dopo qualche anno, a farla in prima persona, ovviamente con il cuore a sinistra ma senza riconoscersi in nessuno, e sottolineo nessuno, degli attuali dirigenti o amministratori. D'altronde l'ha fatto pure Boeri...
venerdì 19 novembre 2010
Concorso per il centro di Garbatola (part. 1)
Senza vergogna e anzi con molto orgoglio vi presenterò in queste tre o quattro puntate il nostro progetto (mio e di un gruppo di amici) per la piazza di Garbatola (il borgo in cui vivo). Una piazza che studio da anni, una piazza per cui ho scritto articoli e pubblicazioni, una piazza che è stata oggetto di studi universitari, sia nei laboratori di restauro che di progettazione ai quali ho partecipato negli anni, una piazza al centro di una vicenda particolarissima che speriamo presto vedrà la luce in un libro, la vicenda dell'antica chiesina dei S.ti Biagio e Francesco.
Senza vergogna perché pensiamo che seppur sia arrivato terzultimo questo progetto sia un buon progetto. Certamente un progetto con molti limiti e attaccabile da molti punti di vista (anche se avevamo un vecchio esperto di temi tecnico-burocratico-amministrativi tra noi, oltre che essere un conoscitore della realtà in cui si inserisce il progetto), ma anche altrettanto indubbiamente un progetto serio, un progetto con delle basi solide, che affonda le sue radici nella ricerca e sulla speranza che un giorno questa ricerca venga davvero utilizzata, un progetto vero e schietto, non una finzione. Ieri sera Walter Veltroni, da Santoro, diceva che "questo governo considera la cultura un fastidio", beh, caro Walter, non solo questo governo, ma tutti i governi, siano essi di destra o di sinistra: da un lato questa classe dirigente ti mette in un angolo a studiare, poi, quando hai finito ed è il momento della resa dei conti, non ti ascolta e insieme non valorizza questa ricerca!
Puo' essere il primo vero progetto per un paese dall'epoca fascista solo questione di gusto?
Può, ma giudicatelo voi, questa mia ricerca e questo nostro progetto, prendere il minimo dei punti in merito alla conoscenza del luogo?
Insomma, ricriminazioni nel merito a parte, io, e con me gli amici architetti con i quali ho collaborato, ma non solo gli architetti, anche gli altri amici della società civile, i tecnici e tutti quelli che ci hanno dato una mano, e sono tanti, crediamo che questo nostro che vi mostriamo sia un buon progetto, ma soprattutto un progetto serio di seria riqualificazione urbana. Un progetto che non si limita a pochi interventi, ma che tenta di capire la realtà e insieme tenta di cambiarla! Un progetto che poteva essere il motore per un vero rinnovamento e che mai sarà. Grazie a tutti, spero vi divertirà seguirlo, commentarlo ecc. Credo non succeda sempre che un architetto si renda disponibile a questo, a me invece piace mettermi in gioco. Grazie a tutti.
1. La campagna e il centro urbano
C’è una grande, grandissima, differenza tra le piazze italiche tosco emiliane, o quelle dei borghi rinascimentali di Lombardia, che proprio alle prime si riferivano e con esse cercavano un rapporto, e quelle dei borghi rurali dell’altomilanese, e non è solo una differenza compositiva, o architettonica, ma è una differenza più profonda, una differenza strutturale e se vogliamo culturale.
Questi villaggi non erano e non sono costituiti da grandi case unifamiliari, o da casoni plurifamiliari, o da palazzotti signorili accostati gli uni agli altri e organizzati attorno a una piazza, ma da un insieme di corti rurali, che aggregate tra loro formavano quelle che si chiamavano Cassine. Le Cascine erano un insieme di residenze per contadini costruite attorno a un’aia e contrapposte, dall’altra parte dell’aia, alle stalle e ai fienili per il bestiame. A queste erano spesso accostate una o due ville signorili, costituite da un sistema più complesso di corti, corti rustiche, corti nobili e giardini privati. Proprio adiacente a queste, o nel mezzo dell’aia principale, in ogni caso solitamente al centro del villaggio, di solito vi era una piccola chiesina al servizio degli abitanti della comunità. Sono splendidi esempi del sistema della cascina-villa il Castellazzo di Bollate, o Villa Arconati, la Villa Borromeo-Litta di Lainate, il Castellazzo di Rho, ecc. In questi borghi la piazza non esisteva, la piazza era l’aia.
Vi è poi una ragione culturale e insieme sociale ed economica che ha ostacolato la formazione della “piazza italiana” nei borghi rurali del nord milanese: la Cassina era infatti un sistema complesso, fatto di lavoro, di mondo agricolo e fatto di poche famiglie e di tanta umanità, quasi tutta la vita delle genti che abitavano le Cassine si svolgeva al lavoro nei campi, o nel grande spazio privato, e insieme pubblico, della corte, che rappresentava il centro della vita quotidiana. «La cascina lombarda è il primo nucleo giurisdizionale imposto in terra lombarda da una “necessità” intrinseca alla gente: il lavoro. Una cascina si distanzia dall’altra in una ragionevole misura, quando comporta cioè la facoltà del lavoro: quanto può adempiere di lavoro una famiglia di contadini, o un gruppo di più famiglie raccolte nell’unità distesa del fondo».
E così è più facile provare a cercare una somiglianza tra le corti, tra le aie delle grandi Cascine e le piazze centro-italiche, fatte di palazzotti ricchi di logge e porticati che delimitano gli spazi della piazza, piuttosto che tra queste e le piazzette, o sarebbe meglio dire gli spazi di risulta che si sono nel tempo formati, quasi ritagliati, tra le varie corti rustiche e nobili che formavano la Cassina. Spazi severi, senza decorazioni, spazi chiusi, spazi spesso casuali. E così potremmo dire che le vere piazze, intese nel senso rinascimentale e umanista, nei villaggi rurali del nord Milano sono gli spazi interni delle corti, spazi regolari, spesso quadrati, costruiti e strutturati con una logica ferrea, con i lunghi ballatoi, le scale negli angoli e i grandi porticati interni.
(continua)
mercoledì 17 novembre 2010
E' tempo di cambiare!
Carissimi
riprendo a scrivere dopo tanto tanto tempo. Una lunga pausa di riflessione, di studio, di duro lavoro.
Riprendo a scrivere perché sono stanco di questa classe dirigente chiassosa e impreparata, stanco di questi urlatori televisivi e di quest’incapacità dilagante a tutti i livelli.
Riprendo a scrivere perché sono ormai scettico su tutto, non mi fido più di niente e di nessuno, tranne di pochi amici e dei pochi che credono che ancora qualcosa si può fare. Riprendo a scrivere perché è incredibile come in questo paese non conti più nulla la ricerca. Hai studiato, stai studiando, stai ricercando da anni su determinati temi, beh non gliene importa niente a nessuno! Non certo ai privati cittadini, quasi tutti, imbesuiti di fronte alla mediocrità televisiva, non agli amministratori o ai politici, troppo presi dalle loro manie e dalle loro beghe di potere. Uno schifo.
Torno a scrivere perché sono stanco di starmene lì a guardare per cercare di capire se cambia qualcosa. No non cambia niente.
Perché oggi? Perché oggi finalmente una commissione formata da tre sconosciuti ha letto, dopo cinque mesi !!!, ha letto il verdetto di un concorso – possibile che ci vogliano cinque mesi per giudicare un progetto? pensate se in Università, altro luogo che non brilla per efficienza, un ragazzo consegnasse un lavoro oggi e prendesse il voto tra cinque mesi, non si griderebbe allo scandalo? – per la riqualificazione della piazza in cui vivo. Una piazza su cui ho scritto articoli di giornale, su cui conduco una ricerca dal 2007, su cui abbiamo fatto fare lavori universitari, una piazza, infine, in cui non più tardi di qualche anno fa il Sig. Sindaco prometteva solennemente che si sarebbe fatto in quattro per pubblicare questa ricerca. Niente ultimi. Ultimi? Ma stai scherzando? No, no... ultimi. Praticamente zero punti come conoscenza del luogo. No, non è possibile... Si, si. Non so se ridere o piangere. Ha vinto un progetto innovativo? Un progetto che rivoluziona un paese, o che lo conosce dalle sue viscere? No, ha vinto un progetto mediocre e ingegneresco, che non tocca quasi niente e lascia tutto così com’è, non tocca il vecchio monumento, non tocca la vecchia fontana, non tocca gli alberi, nemmeno quelli vecchi e malconci, non tocca nulla nemmeno il sagrato, se così si può chiamare, della chiesa attuale e sbaglia i nomi della chiesina antica – di cui nessuno conosce l’esistenza tranne per qualche articolo mio antemprima del libro che mai vedrà la luce –. Ma com’è possibile? Com’è possibile che tre giurati che ci hanno messo cinque mesi a giudicare un progetto non abbiano tenuto conto di tutto questo?
E allora? Non dobbiamo credere più nei concorsi? Non dobbiamo più studiare? Non dobbiamo più fare ricerca? Oppure dobbiamo ribellarci e prenderci finalmente quello che ci spetta, finalmente mandare a casa, una volta per tutte, questa classe dirigente, questi politici incapaci che siedono in consigli comunali per un pugno di voti, per poi sperare che si possa finalmente ricostruire un’Italia più giusta, più meritocratica, meno favoleggiante, più onesta, più rigorosa, meno doppiogiochista e meno intrallazzona, più limpida! Un Italia dove se una classe dirigente convince un ragazzo, un suo figlio, a studiare e lo porta poi, quando è ormai uomo, al massimo livello di istruzione, non lo fa per tenerselo buono in un angolo, ma lo faccio per poi usarlo e per poi ascoltarlo...
È ora di cambiare dobbiamo tornare a essere quell’Italia che usava i ricercatori, gli intellettuali, i pensatori, quell’Italia geniale che cresceva e si sviluppava in tutte le arti e i mestieri e non questa italietta mediocre. Dobbiamo lottare perché finisca presto questo cupo tempo dei burattini di partito, mediocri funzionari dalla giacchetta grigia e triste, e ricominci il tempo della ricerca, dello sviluppo, perché no dell’ascolto...
Iscriviti a:
Post (Atom)