mercoledì 9 febbraio 2011

W l'Italia del Bunga Bunga

E mentre in Italia esce Immaturi, film in parte divertente, in parte nostalgico che parla di una giovinezza passata che mai tornerà, nonostante il sogno che ognuno di noi ha dentro di rimanere giovane, di rifare il Liceo, ecc, beh in Spagna, nonostante la crisi economica, crisi che si riversa ovviamente anche sulla cultura e sulla ricerca, beh almeno in Spagna provano a fare appunto un poco di ricerca.

Non se ne può proprio più di questa Italia attaccata alle polemiche, attaccata agli scontri di partito o agli scontri politici in generale; non se ne può più di questa Italia in perenne campagna elettorale dove però non si capisce chi sta da una parte, chi sta dall’altra, chi sta con i cittadini; non se ne può più di questa Italia mediocre che crede che un architetto, un pittore, uno scultore, un regista, un musicista, debbano per forza o esser appoggiati politicamente, o capire dove andare a parare prima di fare (se no ti dicono che sei un ingenuo o uno sprovveduto). Ma possibile? Possibile che non si capisca che un architetto, soprattutto un compositore, possa provare gioia semplicemente nell’atto di progettare, nel ragionare con altri amici (non sempre architetti ovviamente) di un luogo, per poi prendere una matita e un foglio giallo e iniziare a riversare quei ragionamenti sulla carta, insomma nel comporre un progetto, almeno quanto un musicista prova gioia nel comporre un’opera, o uno sculture una scultura? Possibile che non si capisca e si voglia trovare lo scoop ovunque (per poi ovviamente dare dei pirla ai poveri compositori se lo scoop non si trova)?
È ovvio che sarebbe tanto meglio se si potesse arrivare alla fine del mese, economicamente si intente, con quei progetti, così come è altrettanto ovvio, che a fronte di cose meno interessanti, decisamente meno interessanti, più di routine (come una canzonetta per San Remo?) che si fanno per vivere, si cerca di farne altre per pura gioia, per mettersi alla prova, per Ricerca personale, o, perché no, per portare a compimento una Ricerca (pensate a provare a pensare alla gioia di un compositore musicale chiamato a lavorare, anche per un concorso fasullo, per fare l’inno del suo paese!). La cosa desolante, semmai, non è il fatto che un concorso sia finanziato o meno, che quel lavoro si farà o mai si farà, ecc, questo è connesso con al lavoro dei progettisti, la cosa desolante sta nel fatto che non si premi mai e poi mai la Ricerca.

E allora in Italia si premiano film come quello di Albanese (per altro interessante nella sua logica generale), o come abbiamo detto film come Immaturi, o altri che sondano le complesse relazioni sentimentali tra uomo e donna, tra fratelli e sorelle, tra mariti e amanti (film che trovano spazio in quasi tutti i multisala, mentre altri film, come Uomini di Dio, sono relegati in pochissime sale con pochissimi posti). Ma è ovvio, siamo l’Italia del Bunga Bunga, che cosa vogliamo pretendere se non film accomodanti, trasmissioni televisive o caciarone o di nuovo accomodanti e rilassanti, cosa possiamo pretendere se non musiche non troppo impegnate o progetti facili da capire e per giunta, ma questo non guasta mai, anche un poco conservatori?

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lunedì 7 febbraio 2011

Sul progetto della piazza di Garbatola



DUNQUE...che gli architetti, o che il singolo Architetto, siano a modo loro degli illusi, dei sognatori, dei plasmatori, perché no dei servi di un committente, beh è un dato di fatto e non bisogna essere civici osservatori per saperlo. Basti pensare, su tutti, che l'architettura, il corpo dell'architettura, nella storia è composto all'80% di progetti e solo al 20% di realizzazioni. Poi, in questo corpo di progetti, c'è un buon 50% di progetti completamente inventati, astratti, futuribili, immaginabili, solo lontamente ipotizzabili e ideali. Qualche esempio? Quante città ideali sono state disegnate nel '400 e quante construite (ed era un periodo florido, ricco)? Sforzinda, la bellissima città ideale progettata da Filarete per Francesco Sforza era una Milano ideale, non era certo un progetto reale per Milano. Ma pensiamo anche alla piazza di Leonardo da Vinci per il Castello Sforzesco, o ai progetti di Bramante per il Vaticano, ai progetti rivoluzionari di Boulle, e via via fino ai tempi nostri, e fino alla miserrima piazzetta garbatolese.
Ora il problema infatti è completamente un altro, almeno il problema affrontato in questo blog: non è un problema politico di fondi, quelli sono cazzi (oopps) di altri, qui si è parlato di architettura. Si è parlato di progetti miserabili riusciti vincitori senza cambiare nulla e di giurie non all'altezza (forse) del compito a loro assegnato. Che poi alla gente servano piste ciclabili, ospedali, scuole, palestre, o semplicemente un lavoro, quello è, di nuovo, super evidente e forse non bisogna essere così sensitivi per accorgersene, basta guardare i conti in banca della gente, le casse integrazioni, i diritti dei lavoratori che vengono continuamente cancellati (soprattutto negli ultimi anni di governo di questa destra rozza e reazionaria).

Concordo invece con gli interventi e i commenti a questo blog sulla presa per il culo che spesso è parte intrinseca dei concorsi. O meglio, se l'Amministrazione avesse detto, in questo caso ma si puo’ certamente pensare ad altri casi simili (moltissimi purtroppo), "facciamo un concorso di idee per iniziare ad affrontare un problema dal punto di vista (appunto) ideale, senza ragionare sulla fattibilità, perché noi al 100% non lo faremo (a meno che veniamo rieletti, allora si vedrà)" beh allora non mi sarei scandalizzato. Invece è passata come l'idea che questo era un progetto vero, un'assegnazione di un incarico e non un semplice invito a presentare delle proposte!
Vorrei riportare quindi la questione su quello che secondo me è il tema centrale, cioè il rapporto tra progetto e lo studio della storia di un luogo, storia con la quale secondo me un progetto ha il dovere, l’obbligo morale, di confrontarsi, e aggiungo che il progetto vincitore, come gli altri, hanno potuto usufruire, in questo caso studio, piu' o meno di un’indicazione della presenza di una chiesa antica, di un oratorio antico (spesso sbagliandosi e per quello spesso sono state riportate sulle tavole di progetto indicazioni sbagliate), grazie a una ricerca ancora in gran parte inedita, che il sottoscritto insieme ad alcuni studenti dell’Università politecnica di Milano ha condotto tre anni fa, e continua a condurre (dato che il Sindaco di Nerviano dopo avere promesso davanti a centinaia di persone che avrebbe finanziato la pubblicazione della stessa poi non l’ha mai fatto) e grazie alla proprietà che ha aperto le porte del fabbricato in questione. A questo punto possibile che il sottoscritto con altri amici siano arrivati penultimi con una motivazione basata sulla scarsa conoscenza dei luoghi? Sapete che l’allora capo ufficio ha chiesto al sottoscritto del materiale storico e cartografico da mettere a disposizione di tutti? E allora come ha fatto la giuria a dire quel progetto non conosce a sufficienza i luoghi o non è adatto (dopo anni di studio, oltre che di residenza, dato che conosco quella piazza e la frequento da circa 37 anni).

E in ultimo invece una cosa importante e fuori di polemica. Io credo davvero che il problema della piazza di Garbatola e il problema delle piazze antiche non sia il problema centrale delle città e dei suoi cittadini, ma credo altresì che sia uno dei problemi più importanti di una comunità, è un problema di identità. Riqualificare una piazza non vuol dire solo fare una cattedrale nel deserto (come si sente spesso dire), è ovvio che Milano ha bisogno di mille servizi, da quelli sociali ai trasporti pubblici ecc, ma è altrettanto ovvio che fare un progetto per il centro di Milano vuol dire confrontarsi con la sua stratigrafia, con la sua storia, vuol dire ridare senso, gioa, volto, memoria a una città, o come in questo caso a in piccolo paese. Riprogettare una piazza non vuol dire, solo, sistemare alla bene e meglio una parte ci città e renderla vivibile, con piante e panchine, ecc, vuol dire dare il la a una serie di operazioni che poi i privati dovranno iniziare a fare, vuol dire parlare al cuore dei cittadini, vuol dire capire e parlare con i nostri antenati, vuol dire compiere un atto di fede, vuol dire capire la nostra storia antica e perché no ripensarla conservandone per sempre la memoria.

Concorso per il centro di Garbatola (ricevo e pubblico)

Ricevo e pubblico volentieri questa lettera in merito al concorso in oggetto e più in generale in merito ai concorsi e alla difficile situazione politica italiana, che di fatto si riversa anche sui concorsi.

Caro collega,
ho avuto recentemente occasione di leggere quanto pubblicato sul suo blog, che ho trovato ben articolato, in merito al concorso in oggetto ed alla sua proposta progettuale. Mi limito ad alcune osservazioni: avendo partecipato, posso confermarle la personale delusione sull'esito del concorso. Condivido infatti largamente i rilievi e le sue riflessioni che trovo puntuali ma che si potrebbero allargare, in buona misura, a molti concorsi con questa tipologia, che trovo corretta sul piano metodologico e partecipativo (oltre che economico per un'amministrazione comunale non certo per i concorrenti), ma che ha sempre avuto un suo oggettivo limite nella individuazione dei componenti la Commissione. Ad esempio ho avuto modo di evidenziare il fatto che la Commissione non aveva conoscenza dei regolamenti locali che disciplinano tassativamente l'impiego di certi materiali nelle aree e centri storici (la Commissione ha infatti palesemente omesso di svolgere tale compito). Altro limite sta nella attribuzione dei punteggi e nella individuazione dei criteri di valutazione (altro esempio è la discutibile assegnazione di punteggi sull'attendibilità dei computi estimativi oltre al fatto che la Commissione ha poi attribuito in modo assai opinabile i relativi pesi). Aspetti questi che sono spesso determinanti al fine dell'individuazione delle proposte migliori. Resta il fatto che l'Amministrazione è in possesso di soluzioni progettuali che, indipendentemente dal giudizio più o meno favorevole di alcuni colleghi, possono essere riconsiderate e riprese nell'interesse e con la partecipazione diretta della propria comunità (compito sicuramente difficile ma obbligato soprattutto in queste realtà locali) e che doverosamente dovrebbe utilizzare in modo appropriato.

Cordiali saluti.
Arch. Giuseppe Caimmi