mercoledì 25 novembre 2009

Teatro Sagunto - Non sarà demolito!



Il teatro di Sagunto sorge a metà strada tra la città e l’acropoli, fra il centro storico attuale e ciò che resta dell’antico castello, sorto sulle rovine dell’antico foro romano è stato assunto come dato oggettivo e come base del progetto. Inoltre a Sagunto la presenza della rovina antica, cioè di un edificio reale, o di ciò che ne restava è divenuta per Grassi la pietra di paragone del progetto, il nuovo non si è imposto come presenza annientatrice sul vecchio, e insieme ha sempre demandato alle antiche rovine quelle risposte che non è stato in grado di dare, e così la scena, ricostruita nella sua imponente astrazione, porta in se come un doppio carattere di monumento non finito, con i grandi muri lisci e non decorati, in mattoni, e di scena urbana, con le grandi finestre, le finestrelle e le ringhiere metalliche, che riprendono direttamente i fronti delle case del centro storico.

Il restauro del Teatro Romano di Sagunto ha avuto una vicenda travagliatissima. Pubblicato su quasi tutte le riviste internazionali e vincitore di molti premi di architettura, è stato attaccato duramente sin dall’inizio, soprattutto per ragioni politiche, dal Partito Polare e dalla destra spagnola, allora all’opposizione. Dopo 15 anni sembrava che le polemiche, e soprattutto che le richieste di abbattimento della grandiosa scena fronte, ricostruita dagli architetti Grassi e Portaceli, si fossero definitivamente taciute e invece un mese fa la sentenza definitiva del tribunale supremo di Madrid: il teatro deve essere abbattuto e ricondotto alla sua condizione, presunta iniziale, di rovina.

Da quella notizia sono passati quasi due anni. Due anni di manifestazioni, due anni di raccolta di firme (anche da questo blog arrivò un cospicuo appoggio contro la demolizione si vedano i post di gennaio e febbraio 2008, in particolare quello di mercoledì 30 gennaio 2008 “Raccolta di firme contro la demolizione del Teatro di Sagunto”), due anni di proclami da parte di tutta la cultura architettonica nazionale e internazionale e a differenza di quello che succede spesso in Italia (dove ci riempiamo la bocca della parola democrazia, sia essa comunale o parlamentare, ma poi il popolo non viene mai ascoltato, mi riferisco a moltissime vicende anche particolari e locali, ma ovviamente non solo) forse ora ci siamo: il Teatro di Sagunto è salvo! Recita infatti un pezzo di oggi su El Pais: El Tribunal Supremo ha cerrado el viejo culebrón del mucho más antiguo Teatro Romano de Sagunto. No se demolerán las obras de rehabilitación que dirigieron hace 20 años los arquitectos Giorgio Grassi y Manuel Portaceli, en la época del último Gobierno socialista valenciano.
Una battaglia politica, tra rappresentanti della destra spagnola, che si erano candidati nei primi anni '90 con la ferma proposta di abbattere il teatro, e la sinistra socialista e la cultura architettonica internazionale, una battaglia culturale, una battaglia che finalmente, dopo circa vent’anni, sembra essere finita e sembra che abbia vinto oltre che il buon senso, anche l’architettura e il teatro rimarrà com’è e non sarà demolito.

Io credo che il teatro di Sagunto sia una delle opere più straordinarie del XX secolo, un vero manuale di architettura, nel senso più ampio del termine, e per questo sono certo che sia giusto l’averlo salvato da quella che poteva essere una vera e propria barbarie. Da anni ogni qualvolta mi capita di andare in Spagna e a Valencia in particolare andiamo a vedere lo stato di salute del Teatro, come fosse l’ultima volta, come per dargli l’ultimo saluto, ma per fortuna il teatro è salvo e quest’estate o la prossima o le prossime potremo andarci ancora e magari far vedere ai nostri figli quest'incredibile opera di architettura.

El Teatro Romano descansa en paz



El Supremo cierra el largo culebrón del monumento de Sagunto - Rechazado el recurso de casación de un abogado que pretendía deshacer la rehabilitación
I. ZAFRA - Valencia - 25/11/2009

El Tribunal Supremo ha cerrado el viejo culebrón del mucho más antiguo Teatro Romano de Sagunto. No se demolerán las obras de rehabilitación que dirigieron hace 20 años los arquitectos Giorgio Grassi y Manuel Portaceli, en la época del último Gobierno socialista valenciano. El Supremo ha rechazado el recurso de casación presentado por el infatigable Marco Molines, abogado y ex diputado del PP, que ha mantenido viva la batalla judicial contra la intervención durante casi dos décadas.
El PP llegó a la Generalitat pidiendo la demolición y luego se arrepintió
Molines acudió al Supremo después de que el Tribunal Superior de Justicia (TSJ) valenciano considerase imposible ejecutar la sentencia que ordenaba eliminar los elementos añadidos (en la cávea y el muro de cierre de escena) con dos argumentos: que el remedio resultaría peor que la supuesta enfermedad, y que la nueva legislación, aprobada en 2007 por la Generalitat (en un cambio radical de postura) permitiría ahora acometer el mismo tipo de rehabilitación.
Las obras del teatro generaron un importante malestar en Sagunto. Una mañana de 1992 las gradas aparecieron cubiertas de pintadas (en latín) contra la intervención y de símbolos fascistas. La polémica se trasladó a los medios de comunicación, algunos de los cuales desataron una bronca campaña contra el entonces presidente de la Generalitat, Joan Lerma, y su consejero de Cultura, Ciprià Ciscar. El Partido Popular advirtió que la cuestión arqueológica (la diferencia entre restauración y reconstrucción) escondía petróleo, y se sumó a las críticas. En 1995, Eduardo Zaplana llegaba a la presidencia de la Generalitat con la promesa electoral de deshacer la rehabilitación. Y aunque para el exterior el Consell del PP continuaba manteniendo la tesis de la reversibilidad (el Gobierno valenciano defendió la demolición y Molines fue incluido en las listas autonómicas del PP), lo cierto es que el caso pintaba muy distinto desde el Palau de la Generalitat.
Así se llegó a la paradoja de que mientras varias sentencias del TSJ (la primera, en 1993) y del Supremo (en 2000 y 2007) condenaban las obras y ordenaban su derribo, el Consell empleaba todos los recursos a su alcance para dilatar la ejecución de la sentencia.
La intervención de Grassi y Portaceli fue finalista del Premio Mies van der Rohe, recibió el apoyo de numerosos arquitectos e intelectuales y, con el paso del tiempo, dejó de ser motivo de polémica ciudadana incluso en Sagunto. Lo impopular era más bien la demolición, y sólo Molines parecía seguir decidido a terminar el trabajo, metiendo en problemas a sus antiguos compañeros de partido.
La Generalitat, gobernada ya por Francisco Camps, aprobó una ley que avalaba retroactivamente la rehabilitación. Y el Consell Valencià de Cultura se mostró favorable a encontrar una solución extraprocesal que evitara cualquier intento de "restitución al estado anterior a la reforma". A pesar de haber ordenado él mismo la ejecución de la sentencia, el TSJ se inclinó finalmente en abril de este año por la postura del Gobierno valenciano, que considera imposible su ejecución. La decisión ha sido confirmada por el Supremo, que rechaza el recurso del abogado Molines por defecto de forma.

lunedì 16 novembre 2009

Firma l'appello! Ora Basta!

http://temi.repubblica.it/repubblica-appello/?action=vediappello&idappello=391117

Ieri Luciana Littizzetto (mi pare si scriva così), che pure di solito non è che mi faccia molto ridere, ha detto una cosa molto intelligente che condivido in pieno: è come se molte persone, migliaia, in lista di attesa da tempo per fare una TAC, o una risonanza, a un certo punto, per ripartire da capo e cancellare le attese si azzerano tutte le liste, dicendo "ok siete guariti...". Assurdità italiane. Ora Basta!
Anche questa, se volete anche di più, ovviamente, non è una sciocchezza.

sabato 14 novembre 2009

Garbatola part.2 - una cosa seria


(Una cosa per nervianesi)

Oggi è stata una giornata molto importante per Nerviano, oggi è nata ufficialmente la Comunità delle Parrocchie di Nerviano e delle frazioni. In controtendenza con quanto avviene nella società civile, laica, che anzi chiede la separazione tra frazioni e capoluogo, i vertici della Chiesa milanese richiamano Nerviano all’unione.

Ovviamente ci sono molte differenze tra le due questioni. Iniziamo con il dire che apparentemente non è una novità, quella dell’unione delle parrocchie, infatti sembra di esser tornati al IX secolo, quando le frazioni non avevano una parrocchia propria, ma dipendevano direttamente dal capo di Pieve, Nerviano, pur avendo – Garbatola – un comune proprio e autonomo da Nerviano. A questo punto bisognerebbe dire che ora non è così che le parrocchie rimarranno indipendenti pur lavorando in modo comunitario e infatti si chiama comunità e non più unità. Inutile tuttavia non vedere le cose: le radici dell’insofferenza delle frazioni, in particolare di Garbatola, nei confronti del capoluogo e viceversa sono profonde, profondissime, e svaniscono solamente e temporaneamente di fronte all’importanza della Chiesa Plebana e del Prevosto, che finalmente ora è anche nostro – dei garbatolesi – e non più solamente di Nerviano.

Ma detto questo torniamo alla questione che il primo cittadino nervianese definisce “una sciocchezza”, torniamo cioè alla profonda disillusione che c’è negli abitanti delle frazioni, in particolare di nuovo di Garbatola, che si sentono esclusi, inascoltati e peggio presi in giro dalle varie amministrazioni che si susseguono, siano esse di destra, destrissima o centro centro centro sinistra. No caro Sindaco proprio questa questione non è una sciocchezza.
Ovviamente non condivido per nulla il cappello che l’Osservatorio senso Civico ha posto indelebile sulla questione, tanto, ma anche loro lo sanno perché ho avuto modo di dirlo anche personalmente a loro, che una questione così importante che è alla radice di tutti i malesseri, si potrebbe scrivere “la Questione”, non dovrebbe avere nessun cappello, appunto, e anzi sarebbe dovuta nascere, o rinascere, diversamente, dal basso, sentendo la gente e ragionando con i clan, dicevo, sul da farsi. Ma tant’è e ormai siamo a questo punto.

Detto che non condivido i tempi e soprattutto i modi in cui è nata l’iniziativa ricordo anche che la Questione che i giornali banalizzano come secessione di Garbatola, è una questione difficile, spigolosa, dura e annosa. È vero che questa amministrazione si è dimostrata sensibile, soprattutto per quanto riguarda la cultura, nei confronti delle frazioni e di Garbatola e della sua festa in particolare – non abbiamo mai avuto così tanto aiuto come quest’anno e questo va detto –, è vero che le passate amministrazioni anche si sono dimostrate ciascuna a suo modo sensibili, ma scusate qual è l’ultima opera pubblica, nel vero senso della parola, costruita dal Comune di Nerviano, ex novo, in Garbatola? Poteva esserlo il cimitero, ma si è dimostrato un fallimento e non è altro che un brutto recinto con un parcheggio che è quasi sempre allagato; poteva esserlo la piazza, ma i tempi sono biblici e pare che sarà fatto un concorso di idee, che forse un giorno, chissà se, ecc – e non un incarico per un lavoro vero da eseguirsi nel breve –; poteva esserlo la ristrutturazione della scuola, che bastava lasciarla com’era, con una sala civica vera, nuova, e una palestra vera, anch’essa nuova, e invece di nuovo niente. L’ultima e unica opera pubblica nel vero senso delle parola sono le attuali scuole elementari, costruite negli anni ’50. Il resto solo opere di manutenzione, pulizia, ritocco, ecc.

Questa è la questione: Garbatola merita di più.
È vero questa amministrazione ha dotato il paese di una farmacia ma scusate, può esistere un paese a 20 km da Milano, a 5 km dall’Expo e dalla Fiera, senza farmacia? No. In questo hanno ragione gli amici di Senso Civico: amici amministratori i cittadini di Garbatola pagano le tasse come gli altri e anzi in proporzione anche di più – provate a passare lungo via XX Settembre il Sabato o nei prossimi giorni vicini al Natale e me lo dite –! Milleottocento persone, più di 500 famiglie che hanno sempre pagato e con rispetto non hanno mai chiesto nulla, si trovano a vivere un paese con un negozio – che per fortuna resiste –, una piccolissima banca, una farmacia e un bar, e soprattutto senza un distaccamento degli uffici comunali, senza la posta, senza un prestiné – panettiere – il tutto, ricordo, a soli 5 km dall’avveniristica Fiera milanese e dall'aera che ospiterà l’Expo 2015! Ma vi rendete conto della differenza tra Nerviano e le sue frazioni? Ma sapete che molti di Nerviano non sono mai andati in frazione? Lo sapete che anche la Chiesa se n’è accorta e a rotazione il Consiglio Pastorale – una sorta di gran consiglio delle parrocchie – si tiene una volta a Garbatola, una volta a S.Ilario e una volta a Nerviano? Lo sapete che anche la Chiesa se n’è accorta e con forza ha voluto la presenza di un sacerdote per ogni paese nonostante la comunità delle tre parrocchie? Vi rendete conto della differenza che c’è tra il capoluogo, dove oggi venivano posate le luci natalizie, dove il sabato mattina la gente corre a destra e a sinistra, e le frazioni – di nuovo Garbatola in particolare – senza una piazza vera, con un centro devastato dall’incuria, senza servizi sociali, o quasi, e dove la gente si ritrova o nell’unico bar o in parrocchia dato che non c’è nulla. Perché tutti i paesi limitrofi, tutti, forse tranne Barbaiana – che infatti è sul piede di guerra con Lainate – hanno ristrutturato veramente il centro antico e Garbatola ancora no, paghiamo forse meno di loro?

Qualche mese fa scrivevo della necessità di avere una casa della cultura, un centro della memoria, una piccola biblioteca di frazione, un punto insomma dove riconoscere la presenza della cultura locale ma anche un punto di contatto con la realtà attuale, quella dell’amministrazione nervianese. Niente. Nessuna risposta. No cari amministratori, la questione non è una sciocchezza. È una questione serissima, magari iniziata male, magari poco condivisibile nei modi, ma è una questione serissima.

Adesso Basta!

http://antefatto.ilcannocchiale.it

Il popolo che dice basta

giovedì 12 novembre 2009

Presentare una DIA e DDL che prevede la prescrizione 2 anni dopo rivio



Ci tengo a precisare una cosa. Rileggendo il mio ultimo post e i commenti mi sono accorto come spessissimo tutti noi cittadini, tecnici e no, corriamo il rischio di cadere in una trappola qualunquista o generalista, di dare cioè la colpa di tutto il malfunzionamento italiano, di tutto quel sistema che spesso definisco malato, al primo e spesso unico ente pubblico con il quale interagiamo, quindi al Comune, o al cumun, per dirla da insubre, e quindi ai politici comunali e soprattutto ai funzionari, burocrati o come vogliamo chiamarli, solo perché applicano le regole che altri hanno scritto. È chiaro che non è così facile: tutte le colpe di questo malfunzionamento non possono ricadere infatti su dei funzionari che applicano i regolamenti che hanno davanti a loro. Così come è ovvio che anche loro, i funzionari intendo, potrebbero essere più permissivi su lavori di piccola entità, magari sollecitando i politici comunali a scrivere dei regolamenti comunali più agili – ma questo tentativo per dire il vero è in atto, anche se in modo molto blando –; così come i politici comunali hanno a loro volta delle gravi colpe quando non sollecitano gli altri enti locali, ASL e Regione, a produrre regolamenti più intelligenti; e così come i dirigenti di ASL locali e Regioni sbagliano quando non intervengono nei testi unici e nei decreti nazionali; o infine quando i nostri politici romani, nel senso che risiedono per lavoro a Roma, siano essi lumbard o siciliani, sbagliano quando non applicano le direttive, che invece arrivano e anche puntuali, che l’Europa impone.

Insomma il nostro è un sistema stanco e malato, un sistema seduto che si preoccupa di più di mantenere e consolidare il più possibile le posizioni di potere acquisite nel tempo piuttosto che di rinnovare e amministrare al meglio il paese. È notizia di oggi che il gruppo parlamentare del PDL, ex Forza Italia e Alleanza nazionale – insomma la destra italiana– ha presentato un ddl, sottoscritto dalla Lega al Senato, composto da 3 articoli, che prevede, tra l'altro, la prescrizione dei processi in corso in primo grado per i reati ''inferiori nel massimo ai dieci anni di reclusione'' se sono trascorsi più di due anni a partire dalla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero senza che sia stata emessa la sentenza. Il provvedimento entra in vigore il giorno dopo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale.

Ma vi rendete conto? Un povero Cristo deve pagare 516 € – e ripeto non do la colpa al tecnico che applica la legge – per avere iniziato i lavori prima del benestare del comune, lavori che poteva eseguire previo preventivo permesso, non lavori abusivi, quindi, se vogliamo, è come se multassimo l’ignoranza del cittadino, e i parlamentari si autopromuovono una legge che fa cadere in prescrizione tutti i processi in giacenza da più di due anni!!! Assurdo.
Ma cosa aspettano che ci sia la rivoluzione armata? Assurdo, e la cosa più assurda è che quella rivoluzione non ci sarà né a livello locale, perché troppo faticosa e perché la gente fa fatica ad arrivare alla fine del mese, quindi è troppo impegnata in altro – probabilmente come diceva Marx quando non si arriverà più alla fine del mese, come è successo sempre nella storia, allora si inizierà la vera rivoluzione e sarà violenta, come tutte le rivoluzioni che nascono quando il popolo ha fame –, né soprattutto a livello nazionale, per quanto detto poco fa e anche per il controllo sui mezzi di informazione di questa classe dirigente che è pressoché totale – sia essa di destra, e controlla almeno l’80% dei mezzi di comunicazione, o di sinistra, che controlla la restante parte –, come fossimo in una moderna dittatura democratica. E allora tenetevi pronti perché da stasera i mezzi dell’informazione libera e democratica inizieranno a dire a dire: “poveri politici”, “i tempi della giustizia”, “i soliti magistrati comunisti” e come al solito noi, popolo, saremo seduti a bere ciò che ci dicono…

mercoledì 11 novembre 2009

Presentare una DIA a Nerviano: l'arte dei pazzi



Premessa. Un amico mi fa vedere una pratica presentata a Nerviano.

Quando è troppo è troppo.
Qualche giorno fa la trasmissione Report, su Raitre, ha spiegato agli italiani la complessità burocratica che sta dietro alla presentazione di un progetto negli uffici tecnici italiani contro la facilità delle stesse pratiche in Germania. Solo facile speculazione mediatica? No.
Posto infatti che ci sono altri sistemi di controllo diversi negli altri paesi, posto che in Spagna ad esempio è l’ordine a controllare il progetto e il Comune si limita a controllare l’istruttoria e non guarda nemmeno il progetto architettonico, il resto è tutto temendamente vero.
Vi faccio un esempio, come si suol dire, fresco fresco, e come sempre parto da un esempio vicino.

Oggetto. Progetto per una scala di accesso a una cantina di un’abitazione privata in Comune di Nerviano. Lavoro stimato in cantiere circa 2 o 3 giorni, necessari a effettuare un piccolo sbancamento e a realizzare numero 5 gradini in calcestruzzo. Documenti richiesti: Dia debitamente compilata, relazione illustrativa, dichiarazione di proprietà, dichiarazione di non abbattimento di specie arboree protette, documentazione relativa alle opere in cemento armato (sia che siano previste sia no, anche se si tratta di soli 5 gradini), legge sull’abbattimento delle barriere architettoniche, progetto degli impianti e numero 3 tavole (Stato di fatto, sovrapposizione stato di fatto e progetto, e progetto). Peso totale della pratica circa 1kg di aria fritta. La stessa pratica presentata a Parabiago (comune limitrofo) non comporterebbe almeno la metà dei suddetti documenti (sono in commissione paesaggio a Parabiago e lo sperimento mensilmente). La stessa pratica a Milano non comporterebbe quasi nulla e nemmeno andrebbe all’ufficio tecnico comunale, ma solo al distaccamento di zona (non ci sono tecnici, solo verifica conformità amministrativa).

Il Comune di Nerviano dopo circa un mese risponde che vuole le seguenti integrazioni:
1) documentazione prescritta dalla DGR 7/11045 del 05.11.2002 BRL 2° supplemento al n. 47 del 21/11/2002 (per 5 gradini sotto il livello stradale…esame paesistico);
2) la descrizione delle opere è incompleta (vedi realizzazione parapetti). RISPOSTA: ma se c’è scritto ovunque parapetti (stiamo parlando di circa 1 metro quindi grandi 1 cm nella tavola) realizzati ai sensi degli articoli del cap. 3 del manuale tecnico del RLI (eh già perché bisogna parlare come loro);
3) non è stato documentato il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 3.3.32 per quanto riguarda le scale di progetto. RISPOSTA: ci sono misure ovunque, scritte in sovrabbondanza, tanto che la tavola non è più un progetto architettonico ma una documentazione amministrativa piena di scritte, mi chiedo cosa ancora bisogna documentare. Forse chiedono un progetto in scala 1:10 ma non sarebbe piu’ facile dirlo? Dato che nella scala 1:100 la scala è grande circa 1 cm per 2 cm.
4) non è stata indicata la tipologia dei materiali che verranno utilizzati. RISPOSTA: come p.to 3.

In un Comune dove viene condonato un palazzo abusivo di 7 piani figlio di tangentopoli (vedi post di mercoledì 11 giugno 2008 “No all’adozione del P.I.I. in variante al PRG vigente sull’immobile sito in via XX settembre”, e vedi anche post di venerdì 17 aprile 2009 “Della normativa edilizia e del tecnico comunale”), un comune distrutto da una pianificazione, selvaggia e quasi completamente sregolata, un Comune commissariato due volte in meno di 20 anni e sempre, più o meno, per problemi edilizi, ha senso rompere i coglioni (scusate il termine ma come dicono a Roma, quanno ce vo ce vo) a un povero cittadino che vuole costruire 5 gradini esterni in regola?

Sono sempre più convinto che il nostro sia un sistema malato, sclerotizzato, e incapace di dare risposte vere e giuste ai problemi dei cittadini. Un sistema dove non si fanno concorsi e dove non emergono le così dette eccellenze. Un sistema che da un lato garantisce i potenti e li mette in salvo da ogni processo, ma dall'altro incolpa i poveri, se non addirittura li sopprime. Un sistema che genera molta ricchezza ma sempre nelle mani di pochissimi super garantiti e mette contro la povera gente, contro lo stato, contro le banche, contro noi stessi. In un sistema così i politici predicano la semplificazione dei procedimenti burocratici legati alla presentazione delle domande per costruire poi, di fatto, per presentare una scala di 5 gradini, tempo stimato di cantiere 2 o 3 giorni, l’architetto o l’ingegnere, ormai ridotto a tecnico di basso livello, impiega almeno 3 mesi tra compilazione della prima pratica, attesa, integrazioni e di nuovo attesa.

In campagna elettorale tutti i candidati Sindaci del Comune di Nerviano, nel faccia a faccia che si tenne a Garbatola, sostenevano la necessità di cambiare il sistema e di alleggerilo. Le poltrone sono cambiate, anche per il pensionamento dell’imputato (da loro) responsabile del settore, il sistema, per i potenti è cambiato e si è alleggerito, vedi appunto condono del palazzo di sette piani, ma vedi anche inviti a non rallentare pratiche per ampliamento depuratore, fermate solo per incomprensione di un progetto inguardabile che nemmeno passerebbe l'esame del primo anno di progettazione, ma per i tecnici di provincia alle prese con la povera gente che ti paga 3 mesi di lavoro 1000 euro, se va bene, no, per loro non cambia nulla e anzi si complica tutto. Che schifo.

ps. è su queste piccole cose che la gente non capisce la differenza tra la destra e la sinitra, non basta proiettare Goodbye Lenin (e meno male che si fa bisognerebbe farne uno al giorno!!!)

in foto: piccolo tifoso del Feyenoord, Olanda.

domenica 8 novembre 2009

Garbatola part.1 - riunire i clan



È notizia di questi giorni che il piccolo borgo di Garbatola, conosciuto più per la sua Festa Granda – www.garbatola.it –, per il collettivo Oltre il Ponte, per un articolo su un gruppo di ragazzi insoddisfatti apparso su Il Giorno e oggi anche per l’Osservatorio Senso Civico, paese già definito anni fa da un grande parroco – don Giovanni Balconi – villaggio del terzo mondo, tenta di rialzare la testa e lo fa con una proposta shock: staccarsi da Nerviano e ricostituire il Comune di Garbatola.

A questo punto prima una precisazione, poi un po’ di storia, infine – se avrò tempo, altrimenti la prossima volta – un pensiero.
La precisazione è che questa volta un gruppo di carbonari, amichevolmente parlando ovviamente, chiamati Osservatorio Senso Civico è arrivato prima di me sul fatto del delitto e per questa volta io non c’entro e sono anche un poco offeso essendo il più importante storico di questo borgo di 1700 anime – scherzo ovviamente –. Appunto da buoni carbonari hanno agito nella notte e un bel mattino, mentre sto trascorrendo qualche giorno di lavoro-studio-vacanza nelle Apulie mi trovo una e-mail che mi dice testuali parole «Caro Fabio, grazie ai racconti di un “buon personaggio abile nel documentare e difendere la nostra memoria” siamo giunti ad una richiesta che vuole trasformare la fantasia in realtà. Su molte questioni non ci siamo trovati allineati, o forse non ci siamo voluti riconoscere allineati, ma poco importa, vorrei semplicemente dedicarti questa nuova iniziativa dell'Osservatorio SensoCivico». Grazie.

Detto questo vorrei provare a fare un il punto, storico, sulla questione.
A differenza delle altre frazioni del Comune di Nerviano, Villanova, S.Ilario, Costa San Lorenzo e Cantone, Garbatola è sempre stato Comune indipendente. Nei registri dell’estimo del Ducato di Milano del 1558 e nei successivi aggiornamenti del XVII secolo Garbatola risulta che il Comune di Garbatola è compreso nella pieve di Nerviano e dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 emerge che il comune contava circa 290 anime ed era amministrato dal console, tutore dell’ordine pubblico.

Il Comune di Garbatola aveva una sua sede pubblica, al numero civico 14 del villaggio: non un moderno Municipio, ovviamente, ma una piccola sala, probabilmente in una delle due case da nobile del borgo, dove venivano affissi gli avvisi, che per altro pochi sapevano leggere, e in cui due volte l’anno, in primavera e in autunno, alcuni vecchi del paese, con altri nobili, si ritrovavano per il Consiglio Comunale. Era un Comune piccolo ma funzionava discretamente. Al termine di una vicenda durata qualche anno, fu soppresso e unito al Comune di Nerviano nel 1869 per decreto del neonato Regno d’Italia.

Ovviamente era un Comune povero, anzi poverissimo, e infatti non partecipò nemmeno ai festeggiamenti nazionali per l’Unione del Regno, proclamati il 17 febbraio 1861, per mancanza di fondi, tuttavia credo che fosse anche un Comune orgoglioso, come la sua gente e fu con un atto del Comune di Garbatola che si costruirono le prime scuole pubbliche del paese in cui studiarono anche i nostri nonni.

L’anno 1861 ed al giorno 14 del mese di Novembre in Garbatola e per cura della Giunta Municipale essendosi convocati i Consiglieri comunali a domicilio […]
Fatto riflesso allo stato finanziario passivo in cui verte il Comune che da se solo non è in grado di sottostare alla spesa per l’aprimento di una scuola e desiderando in pari tempo di riformarsi a quanto la legge ha providenzialmente stabilito.
Il Facente Consiglio ad unanimità di voti ha deliberato di invocare l’appoggio dell’articolo 345 della legge 13 Novembre 1859 n. 3728 e l’articolo 134 del Regolamento 1376 anno 1860 non omettendo di far conoscere alla superiorità che il Comune dal canto suo sarà per concorrere in proporzione delle sue facoltà ai sensi dell’articolo 117 della citata legge e andrebbe ben lieto di poter effettuare l’aprimento di una scuola cotanto desiderata e necessaria procacciando così ai poveri fanciulli il più grande dei benefici qual’è l’Istruzione delegando per gli effetti del presente la Giunta Municipale.


Ovviamente non fu quindi costruita solamente con i soldi della comunità ma anche con qualche aiuto dalla capitale del Regno, Torino.
Dipendenti del Comune erano il Segretario e maestro delle elementari Sig. Borganti, un Medico Condotto, una levatrice, un becchino, un messo o Cursore comunale, un sacrestano, un regolatore dell’Orologio e un pedone distrettuale.

La prima lettera in cui il Regno d’Italia chiede di sopprimere il Comune di Garbatola è del 1867. Per tutta risposta nel verbale del Consiglio Comunale del 29 gennaio 1867 si legge:

Il sedente Consiglio all’unanimità di voti persiste a tener ferma la deliberazione presa nella straordinaria adunanza del 19 gennaio p.p. cioè che sia conservata l’autonomia propria, e denominazione del Comune, ciò essendo consigliato dall’interesse stesso del Comune mentre è provato ed il Governo stesso, volendo, se ne convincerà che questo Comune di Garbatola provedendo a che l’amministrazione proceda con tutta regolarità, le spese di questo Comune, (e quindi l’aggravio dai contribuenti) in una serie di più anni furono sempre assai minori di quelle che sopportarono i contribuenti degli altri comuni circonvicini, e principalmente di Nerviano a cui si vorrebbe aggregato questo Comune.

Di accorpamento del Comune di Garbatola a quello di Nerviano non se ne parla, e non se ne parlerà fino al 1869 quando con decreto regio il Comune di Garbatola viene soppresso definitivamente e unito a quello di Nerviano.

Credete che le cose inizino bene? No.
Il Comune e il Prevosto decidono di demolire l’antichissima Prepositurale Chiesa di Santo Stefano, probabilmente dell’epoca del Vescovo Ambrogio, e di costruirne una nuova più grande. I paesani di Garbatola sono subito chiamati a dare il loro contributo.
Quando però nel 1904 tocca ai Garbatolesi costruire la nuova chiesa, che almeno hanno l’accortezza di non demolire la chiesa antica ma la trasformano in stalla, gente spiccia, ovviamente chiedono il contributo del Comune di Nerviano, che non arriverà per molti anni – per la cronaca la chiesa fu costruita lo stesso e con un tempo record di 1 anno –. Si legge in una lettera dei frabbriceri:

I sottoscritti poi pregano questa on. Giunta di richiamarsi che i terrieri di Garbatola, fino al 1866 Comune autonomo, hanno concorso ripartitamente in vari bilanci comunali con circa L. 16.000 sedicimila alla costruzione della nuova Chiesa di Nerviano.

I rappresentanti della fabbrica della nuova Chiesa di Garbatola, i sig.ri Carcano Angelo, Castelli Luigi, Lucchini Luigi, Pravettoni Aurelio e Pessina Luigi, rendono noto al Comune di Nerviano, quindi, che la popolazione del borgo contribuì alla costruzione della Chiesa di Nerviano con una somma molto superiore a quella da loro stessi richiesta ai nervianesi per la costruzione di quella di Garbatola, soldi che come ho detto non arriveranno facilmente.

Fu la prima di tante situazioni spiacevoli in cui il vecchio borgo veniva considerato una piccola appendice, una frazione appunto.

Come previsto mi sono dilungato troppo, come al solito, quindi nei prossimi giorni scriverò il terzo punto, un pensiero su questa nuova e strana iniziativa.