domenica 18 novembre 2007
Collegio Cavalleri. Progetto di ristrutturazione
Tra le due guerre mondiali, durante il movimento moderno, si stipulò una sorta di accordo segreto tra architetti e restauratori: si credeva che le trasformazioni introdotte in un edificio dovevano essere sempre manifestate. Da un lato i restauratori iniziarono a sostenere le ragioni della distinzione tra antico e moderno, dall’altro gli architetti si sentivano liberi di poter sperimentare i dettami della modernità, non solo nei vasti spazi suburbani ma anche nei centri storici. Dopo le ferite e le distruzioni belliche inferte alle città tra il ‘40 e il ‘45, gli architetti italiani, in particolare E.N. Rogers, si accorsero che non si potevano cancellare con leggerezza la memoria del passato e i segni della storia. Le relazioni tra vecchio e nuovo divennero più complesse e difficili. Oggi si è giunti ad una radicalizzazione delle posizioni: architetti e conservatori hanno estremizzato il loro pensiero, e spesso, forse per scarsa conoscenza del processo compositivo, si considera legittimo intervenire su di un edificio costruito recentemente, piuttosto che su un manufatto antico, anche se in realtà le difficoltà sono quasi sempre le stesse, difficoltà legate alla natura dell’oggetto, alla sua forma, alle sue proporzioni e alla sua composizione.
La storia dell’architettura è ricca di casi in cui parti di città, o parti di edifici, si trasformano. Sono casi emblematici la Cattedrale di Siracusa, trasformata da tempio greco in basilica Cristiana, o il Duomo e le antiche basiliche ambrosiane, o il broletto di Milano, cui nei secoli furono aggiunti un piano intero e uno scalone di accesso. Le trasformazioni, gli adattamenti, gli ampliamenti antichi possono essere quindi considerati veri e propri manuali di architettura messi in opera, dove le vecchie strutture vengono utilizzate sia come “maestro” per la giusta direzione delle scelte nel lavoro sia come materiale vero e proprio del progetto.
È quindi possibile e lecito trasformare, ampliare, sopralzare, un edificio storico? Credo di si e la bontà o meno di ogni operazione, di ogni trasformazione, come di ogni nuovo progetto, sta nella bontà o meno del progetto stesso. Come si fa a priori a dire che un edificio non si puo’ sopralzare, o che a un edificio non si possono costruire lucernari? Nella storia dell’architettura ci sono pessimi e bellissimi lucernari, pessimi e bellissimi ampliamenti, pessime e bellissime trasformazioni.
Troppo spesso l’atteggiamento di progettisti e costruttori nei nostri paesi si sta attestando su posizioni folcloristiche e vernacolari e contro questo atteggiamento dobbiamo assolutamente e decisamente combattere, più che sulla possibilità o meno di ampliare una casa, innalzare un palazzo, aprire una finestra, chiudere una porta. Tetti, tettucci e sporti di gronda, archi colonne e balconi, becchi, balconcini e barbacani stanno avvilendo l’architettura italiana, più di ogni altra mala legge o cattivo regolamento.
E quindi non penso che sia deprecabile per partito preso il volere ampliare un palazzo storico, penso che sia deprecabile un atteggiamento troppo vernacolare e folcloristico. Quindi, mentre credo sia giusto rendere usufruibile un palazzo antico, non credo sia giusto farlo con un atteggiamento troppo mimetico, quasi turistico.
Il progetto di ristrutturazione del Collegio Cavalleri di Parabiago ha una duplice anima, un duplice atteggiamento che lo rende incomprensibile: un atteggiamento troppo mimetico, quasi vernacolare, nel disegno dei fronti, con le nuove finestre su piazza Maggiolini circondate da cornici importantissime, che richiamano troppo letteralmente quelle antiche dei finestroni sottostanti, o con le grandi lesene, i cornicioni, le cornici neorinascimentali del fronte interno; e un atteggiamento troppo spregiudicato all’interno, con la ferma volontà di rinnegare la distribuzione antica, attraverso la demolizione quasi completa delle vecchie e potenti strutture del palazzo, sostituite da moderni muretti in laterizio, pilastrini in cemento armato che cadono nel mezzo di piccoli soggiorni e una distribuzione tipicamente residenziale.
Per questo giudichiamo negativamente il progetto di ristrutturazione del Collegio Cavalleri di Parabiago e invitiamo a rivederlo, con più consapevolezza, e con un duplice, nuovo, atteggiamento: maggiore modernità e distacco da un linguaggio tradizionale e vernacolare all’esterno, e più rispetto, soprattutto il rispetto delle strutture antiche all’interno.
Scritto pubblico per la "Commissione Paesaggio e Territorio"
del Comune di Parabiago (Milano).
Oggetto: ristrutturazione Ex Colleggio Cavalleri
La storia dell’architettura è ricca di casi in cui parti di città, o parti di edifici, si trasformano. Sono casi emblematici la Cattedrale di Siracusa, trasformata da tempio greco in basilica Cristiana, o il Duomo e le antiche basiliche ambrosiane, o il broletto di Milano, cui nei secoli furono aggiunti un piano intero e uno scalone di accesso. Le trasformazioni, gli adattamenti, gli ampliamenti antichi possono essere quindi considerati veri e propri manuali di architettura messi in opera, dove le vecchie strutture vengono utilizzate sia come “maestro” per la giusta direzione delle scelte nel lavoro sia come materiale vero e proprio del progetto.
È quindi possibile e lecito trasformare, ampliare, sopralzare, un edificio storico? Credo di si e la bontà o meno di ogni operazione, di ogni trasformazione, come di ogni nuovo progetto, sta nella bontà o meno del progetto stesso. Come si fa a priori a dire che un edificio non si puo’ sopralzare, o che a un edificio non si possono costruire lucernari? Nella storia dell’architettura ci sono pessimi e bellissimi lucernari, pessimi e bellissimi ampliamenti, pessime e bellissime trasformazioni.
Troppo spesso l’atteggiamento di progettisti e costruttori nei nostri paesi si sta attestando su posizioni folcloristiche e vernacolari e contro questo atteggiamento dobbiamo assolutamente e decisamente combattere, più che sulla possibilità o meno di ampliare una casa, innalzare un palazzo, aprire una finestra, chiudere una porta. Tetti, tettucci e sporti di gronda, archi colonne e balconi, becchi, balconcini e barbacani stanno avvilendo l’architettura italiana, più di ogni altra mala legge o cattivo regolamento.
E quindi non penso che sia deprecabile per partito preso il volere ampliare un palazzo storico, penso che sia deprecabile un atteggiamento troppo vernacolare e folcloristico. Quindi, mentre credo sia giusto rendere usufruibile un palazzo antico, non credo sia giusto farlo con un atteggiamento troppo mimetico, quasi turistico.
Il progetto di ristrutturazione del Collegio Cavalleri di Parabiago ha una duplice anima, un duplice atteggiamento che lo rende incomprensibile: un atteggiamento troppo mimetico, quasi vernacolare, nel disegno dei fronti, con le nuove finestre su piazza Maggiolini circondate da cornici importantissime, che richiamano troppo letteralmente quelle antiche dei finestroni sottostanti, o con le grandi lesene, i cornicioni, le cornici neorinascimentali del fronte interno; e un atteggiamento troppo spregiudicato all’interno, con la ferma volontà di rinnegare la distribuzione antica, attraverso la demolizione quasi completa delle vecchie e potenti strutture del palazzo, sostituite da moderni muretti in laterizio, pilastrini in cemento armato che cadono nel mezzo di piccoli soggiorni e una distribuzione tipicamente residenziale.
Per questo giudichiamo negativamente il progetto di ristrutturazione del Collegio Cavalleri di Parabiago e invitiamo a rivederlo, con più consapevolezza, e con un duplice, nuovo, atteggiamento: maggiore modernità e distacco da un linguaggio tradizionale e vernacolare all’esterno, e più rispetto, soprattutto il rispetto delle strutture antiche all’interno.
Scritto pubblico per la "Commissione Paesaggio e Territorio"
del Comune di Parabiago (Milano).
Oggetto: ristrutturazione Ex Colleggio Cavalleri
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