lunedì 4 aprile 2011

Una proposta per gli uffici tecnici



Da più punti di vista quello che tutti, cittadini, imprese, associazioni, chiedono alle pubbliche amministrazioni è snellire le procedure. In un mondo così diverso da quello del primo dopoguerra, nell’era della comunicazione veloce di internet al posto di fax e raccomandate, dei talk show al posto dei comizi, del telefonino portatile che ti raggiunge ovunque al posto del telefono fisso al bar del paese e della cabina a gettoni, mentre cioè tutto cambia e i rapporti si velocizzano all’impossibile, con il problema della tenuta degli stessi ma ne parleremo un’altra volta, il rapporto tra i cittadini e le amministrazioni pubbliche è sempre quello e il processo di snellimento invocato da tutti i politici si scontra sempre inesorabilmente con le altre mille leggi precedenti mai abrogate, con il retropensiero di alcuni tecnici, con la prassi amministrativa, ecc. E allora capita che le comunicazioni – non mi riferisco a Nerviano o solo a Nerviano – tra tecnici e Comune siano legate alla presenza di un fax: o un tecnico ha un fax – praticamente inutilizzato tutto l’anno – altrimenti le comunicazioni ufficiali non possono arrivare altro che non via posta – con conseguente spreco di soldi tempo ecc –. E la posta certificata? Non ci hanno obbligato ad avercela entro una data fissata altrimenti non avremmo potuto... Niente, quasi sempre la risposta è quella: “mi spiace non l’abbiamo...”.

In questi giorni – per fortuna sono riuscito a prendermi due giorni di vacanza – ho pensato a come potere snellire, in seguito a una quasi impossibile vittoria elettorale del gruppo con cui ho accettato di collaborare, l’apparato e i servizi tecnici edili comunali.
Intanto è fondamentale la presenza di un assessore che sappia prendersi responsabilità – Nerviano in questi ultimi 5 anni non ha avuto un assessore all’edilizia! –, una figura che sappia dialogare con i tecnici non lasciando loro troppe responsabilità, altrimenti si rischia giustamente di cadere nell’applicazione pedissequa della norma, ed essendoci mille norme spesso contrastanti capirete che si rischia l’attuale paralisi. Poi in secondo luogo si potrebbero cancellare alcuni regolamenti, come il regolamento locale di igiene; mi chiedo esiste già un regolamento che è quello regionale, quello lombardo è già iper restrittivo, che senso ha allora farne un altro comunale ancora più restrittivo? Magenta non ne ha uno, Monza non ne ha uno, per citare due casi che ho conosciuto recentemente, entrambe si riferiscono a quello regionale. Si potrebbero togliere anche altre piccole norme, sia per le zone di espansione che per le aree storiche: l’uomo è fatto per la legge o la legge per l’uomo? A fronte di questa semplificazione bisognerebbe, per contro, dare molto più peso a Commissioni Architettoniche, commissioni in cui il peso del tecnico comunale dev'essere praticamente nullo e dove si dovrebbero giudicare solo la composizione e l’estetica dei progetti. Proprio ieri tornando dall’Alto Adige notavamo la differenza tra quella provincia e quella di Trento: nella prima edifici moderni, con tetto o senza tetto, con portici o senza portici, ma sempre edifici moderni, nella seconda spesso si cade in approcci vernacolari e tradizionalistoidi. Perchè? Anche da noi è così: il moderno non esiste, di post moderno non ne parliamo, di nuove tendenze nemmeno l’ombra. E allora perché non avviare una fase diversa, perché non dare grossi incentivi e deroghe, di superficie, volumetria, ecc – ecco magari non di altezza, così i fan del normare tutto sono contenti –, a chi produce un costruisce in modo moderno – e che sia moderno o meno lo potrebbe giudicare quella commissione di esterni, di dottori, di ricercatori, posto che poi lo vedrebbero tutti – e per contro invece cercando di fermare chi invece persiste in una logica antistorica? Nerviano non sarebbe più un paesone più o meno tranquillo del nord milanese, ma un bel paesone antico sulle rive del fiume Olona con una sua forte spinta innovatrice al di fuori dal suo centro.

Vi è infine poi un’ultima questione legata allo snellimento delle pratiche. Io penso che i tecnici comunali debbano essere completamente, o quasi, deresponsabilizzati e che tutta la responsabilità del costruito debba ricadere sui progettisti. Quest’idea tra l’altro sta’ proprio alla base della nuove e vecchie norme, dia, scia, ecc: l’architetto assevera, consegnando in comune un progetto, che entro 30 giorni si darà inizio ai lavori come indicato nel progetto. Cosa succede oggi a Nerviano? Succede che il controllo preventivo è totale. La dichiarazione di inizio attività è praticamente una richiesta di permesso, il tecnico o i tecnici la guardano, la sviscerano, spessissimo la fermano preventivamente, poi solo quando amministrativamente e normativamente, e loro giustamente non hanno responsabilità sul processo, allora si concede che si possa costruire. Controlli successivi? Zero.
Perché invece non favorire e spingere fortemente verso un’inversione di tendenza: perché non snellire tutto e non controllare preventivamente quasi nulla – ho detto quasi – e non istituire il controllo in cantiere da parte dei tecnici come prassi? Il lunedì, il mercoledì e il venerdì mattino potrebbero essere dedicati al ricevere i tecnici – un giorno in più dei miseri due di oggi, e magari previo appuntamento telematico –, poi il martedì e il giovedì mattino dedicati alle visite, sopralluoghi inquisitori, in cantiere. Vi rendete conto di che portata avrebbe una rivoluzione del genere? Il lavoro del tecnico comunale in ufficio sarebbe minimo e invece sarebbe più importante il suo lavoro fuori. Sapete quanti abusi piccoli e grandi si eviterebbero! Per contro vi rendete conto di quanto si velocizzerebbe il processo edilizio e di come sarebbe tutto meno ipocrita! Un mese per un progetto, progetto che però viene seguito dal vivo anche da un tecnico comunale... Impossibile? Non penso proprio, credetemi è possibilissimo, basta volerlo...

2 commenti:

Ensamble Studio ha detto...

I comuni italiani per fare una pista ciclabile o costruire una biblioteca devono incamerare soldi dagli oneri di urbanizzazione che è la maggior risorsa finanziaria dei comuni, oppure fare debiti.

I comuni per avere soldi e fare opere pubbliche sul proprio territorio devono nel contempo distruggere il proprio territorio permettendo la costruzione di villette a schiera, centri commerciali ecc...ecc..turandosi il naso se l'architettura proposta non è eccellente.
Il cemento cattivo paga il cemento buono.
E' chiaro che così non può funzionare.
Solo sganciare i comuni da questo meccanismo può salvarli.

Un'altra cosa:
i geometri non dovrebbero poter costruire, dovrebbero fare le pratiche o stare in cantiere.

Lorenzo ha detto...

I comuni italiani per fare una pista ciclabile o costruire una biblioteca devono incamerare soldi dagli oneri di urbanizzazione che è la maggior risorsa finanziaria dei comuni, oppure fare debiti.

I comuni per avere soldi e fare opere pubbliche sul proprio territorio devono nel contempo distruggere il proprio territorio permettendo la costruzione di villette a schiera, centri commerciali ecc...ecc..turandosi il naso se l'architettura proposta non è eccellente.
Il cemento cattivo paga il cemento buono.
E' chiaro che così non può funzionare.
Solo sganciare i comuni da questo meccanismo può salvarli.

Un'altra cosa:
i geometri non dovrebbero poter costruire, dovrebbero fare le stime perizie pratiche o stare in cantiere.