martedì 13 aprile 2010
Auguri!!!
Perché è così difficile ammettere le proprie sconfitte?
Perché non siamo più abituati a chiedere scusa a guardarci dentro a guardare dove abbiamo sbagliato e se necessario a farci da parte? Magari per un poco, non certo per sempre, solo per qualche tempo, il tempo necessario, magari, per riorganizzarci le idee, per capire cosa vogliamo dalla vita, per capire dove abbiamo, appunto, sbagliato e prometterci seriamente di non commetter gli stessi errori.
Perché non siamo più abituati a fare questo cammino? In fondo credo che alla fine non sia così dannoso attraversare il mare della fatica, della sofferenza, assaporare la sconfitta, la sconfitta personale, per poi…beh per poi rimettersi in gioco e ripartire! Forse tutti dovremmo attraversare quel mare una volta nella vita.
In seguito alla sconfitta politica dei partiti di sinistra del 1994, nel 1995, nell’estate di quindici anni fa nacque L’Ulivo. Non era un partito, era un progetto, era un’idea, era un sogno, era la canzone popolare che si alzava forte! Quel sogno nel 1996 vinse le elezioni.
Sono passati 15 anni da quell’inizio. Quasi subito dopo quel successo, subito dopo quell’avvio, il professor Prodi principale, autore di quella vittoria, di quel rinnovamento interno alla sinistra, fu destituito. E da chi fu destituito? Ricordate la commissione bicamerale di D’Alema, segretario del PDS-DS, e di Silvio Berlusconi, inventore e leader di Forza Italia? Ricordate come andò a finire? Una commissione che doveva cavalcare l’onda del rinnovamento, sia a destra come a sinistra, affondò tutte le idee di riforma. La commissione bicamerale doveva lavorare sulle riforme dello stato, federalismo, scuola, struttura organizzativa dello stato, delle regioni, delle provincie, ordinamento politico e giudiziario, ecc. Niente. Non cambiò nulla. “Bisogna che tutto cambi perché non cambi nulla…”.
Sono passati 15 anni e la destra continua a vincere in tutte le regioni produttive e la sinistra si accontenta delle regioni minori, tranne l’Emilia e la Toscana – mi scuseranno gli abitanti di Umbria, Basilicata, ecc –. A Milano il prossimo anno si voterà e l’esito è scontato. Nel nord Milano ogni qualvolta si va al voto l’esito è scontato: o la destra si suicida politicamente, cioè si divide per eccesso di fiducia, si spacca, ecc, insomma o la destra sbaglia formazione e schiera mille attaccanti senza portiere e allora, forse, la sinistra segna e vince – uno a zero non di più –, oppure la partita è chiusa sin dall’inizio.
A Nerviano è andata così e andrà. A Parabiago è andata così. A Lainate è andata così. Sull’asse del Sempione, in Brianza, a Milano, va così.
Ma, scusate, l’ha ordinato Dio padre che a Milano la destra, cioè il partito del bene, debba per forza vincere contro il partito del male, la sinistra?
In questo clima di quasi rassegnazione dove anche le primarie, che sembravano a un certo punto esser diventate lo strumento principe, “tutti gli organi direttivi e i candidati del PD si sceglieranno con le primarie” dicevano alla costituente del PD, del nuovo partito della sinistra democratica italiana, anche le primarie sono state dimenticate. Affossate, come la bicamerale, dimenticate, cancellate – tranne in Puglia, dove guarda caso il candidato non di partito, Vendola, vince le primarie contro il candidato di partito e poi vince le elezioni… – sembra per sempre.
Ma d'altronde chi può andare contro la volontà del partito, sia esso PCI, PDS, DS, Margherita, PD? Contro la volontà del partito, nessuno deve e può osare andare. Altrimenti? Altrimenti semplicemente sei eliminato dai giochi. O ti appiattisci al volere di pochi sapienti, che stanno a Roma, o a Milano, boh, oppure niente, oppure non conti nulla.
E intanto la sinistra continua a perdere. Ormai si gioca per perdere di poco non per vincere. E dopo mille sconfitte, anche le peggiori, ovviamente non si cambiano né i giocatori, né l’allenatore, né i dirigenti, il presidente, ecc. Si continua a perdere e ci si rincuora se si perde di poco. Drammatico. Ma la cosa più drammatica è che non si cambia. Nella sinistra italiana vale la seguente regola: squadra che PERDE non si cambia!
Forza allora, continuiamo a perdere, non bastano tre elezioni di fila, non bastano Milano, la provincia di Milano, la regione, i collegi lombardo veneti, non bastano 15 anni, o quasi, di sconfitte, squadra che perde non si cambia!
Cosa fare? Fabio tu parli e scrivi ma cosa faresti? Beh semplicemente, per ora, so cosa non farei, non ripercorrerei le scelte della nostra classe dirigente degli ultimi 15 anni e farei esattamente l’opposto! Forse qualcosa si muoverebbe. Basterebbe insomma che questi nostri dirigenti, dopo 15 anni di sconfitte personali e collettive, attraversassero, un pochino, quel mare di cui dicevo all’inizio, forse solo così si potrebbe tornare a una vera democrazia, dove fino al momento dello spoglio nessuno saprebbe in anticipo il risultato delle urne.
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1 commento:
Finché non cambierà la mentalità degli elettori... quelli che pensano alla destra o alla sinistra come una squadra di calcio che deve vincere il campionato; quelli che più tosto di riconoscere che gli stanno pisciando in testa preferiscono dire che è solo un po' di pioggia primaverile; quelli che preferiscono guardare oltre perché nelle vicinanze potrebbe essere "coinvolto", beh, fino ad allora potrai fare tantissimi altri post come questo.
Buon Fabio, i miei complimenti.
A presto
Ciao Ale
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