domenica 9 settembre 2007
Cosa fare oggi?
Severino in Tecnica e Architettura sostiene, credo a ragione, che oggi ci troviamo immersi nella civiltà della tecnica: la gente ha rispetto per la tecnica, nessuno si pone il problema di sostituire un luminare della tecnica, perché ognuno sa di non sapere la tecnica dell’altro. Mi riferisco a una persona comune che difficilmente si sostituirebbe a un ingegnere per costruire ponti, a un fisico per studiare la materia, se vogliamo anche a un professore di italiano, proprio perché non conoscerebbe la sua tecnica. Pensate invece alla religione: tutti pensano di poter dire la loro, senza studiarla, meditarla, approfondirla (io per primo mi sento in debito verso questi studi), perché sembra una materia non tecnica. Ma pensate anche alle pratiche d’arte: ci si ferma e ciascuno riconosce i propri limiti, davanti alla tecnica del musicista, allo spartito, alla tecnica del pittore: dove invece è composizione, è pensiero e filosofia, allora non ci si ferma. È un atteggiamento tipico della post-modernità. Pensate all'architettura: sembra che da qualche decennio le questioni architettonica e progettuale siano divenute di dominio pubblico, nel senso che tutti pensano di poterle controllare.
Cosa fare quindi? Cosa fare in una città assediata dalle villette gialle con gli archi e i portici, o dai centri commerciali? Cosa fare in una città dove troppo pochi, tre o quattro al massimo, gestiscono il 95% dei progetti, quindi la trasformazione della città stessa? Ci fu un momento, all’inizio del XX, secolo in cui filosofi, scultori, pittori e architetti conducevano programmi via radio per far capire cosa si intendeva per composizione e cos’era la modernità. Si potrebbe quindi pensare quindi di organizzare incontri pubblici, concorsi, mostre, o di costruire e divulgare publicazioni, articoli sul giornale cittadino (dove finalmente si parli anche di modernità e non solo di storia medioevale). Si potrebbe poi anche cercare di alzare il livello della "produzione architettonica" proprio attraverso interventi comunali “alti”, penso a restauri colti (come è stato fatto per l’ex convento degli Olivetani a Nerviano), a scuole moderne (ma già una o due occasioni sono andate perdute), a interventi su piazze fatte con sapienza, a lavori assegnati per concorso, di idee o di progettazione, ...
Cosa fare quindi? Cosa fare in una città assediata dalle villette gialle con gli archi e i portici, o dai centri commerciali? Cosa fare in una città dove troppo pochi, tre o quattro al massimo, gestiscono il 95% dei progetti, quindi la trasformazione della città stessa? Ci fu un momento, all’inizio del XX, secolo in cui filosofi, scultori, pittori e architetti conducevano programmi via radio per far capire cosa si intendeva per composizione e cos’era la modernità. Si potrebbe quindi pensare quindi di organizzare incontri pubblici, concorsi, mostre, o di costruire e divulgare publicazioni, articoli sul giornale cittadino (dove finalmente si parli anche di modernità e non solo di storia medioevale). Si potrebbe poi anche cercare di alzare il livello della "produzione architettonica" proprio attraverso interventi comunali “alti”, penso a restauri colti (come è stato fatto per l’ex convento degli Olivetani a Nerviano), a scuole moderne (ma già una o due occasioni sono andate perdute), a interventi su piazze fatte con sapienza, a lavori assegnati per concorso, di idee o di progettazione, ...
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