martedì 30 marzo 2010
Lombardia: in morte della sinistra
E' un po' di tempo che non scrivo di politica, ma questa sera non posso non farlo. E' infatti troppo tempo che l'ultima sera delle tornate elettorali, siano esse politiche, amministrative, europee, o referendum, ecc, si conclude allo stesso modo, almeno per me, con un velo di tristezza misto a una grande incazzatura. Cambiano gli addendi, o fanno finta di cambiare, ma il risultato è lo stesso: una più o meno netta sconfitta della politica di centro sinistra. La tristezza, dicevo, è accompagnata dall’incazzatuta e anche stasera abbiamo assistito alla solita sfilata dei dirigenti del maggiore partito di centro sinistra – già perché ormai Rifondazione è praticamente scomparsa – che a turno non ammettono la sconfitta e non ammettono che è tempo di cambiare davvero e di andare a casa. Basta, non ne possiamo più, dovete andare a casa. Dovete lasciare il partito in mano ai giovani, dovete farvi da parte, dovete cambiare davvero! Il Partito Democratico così com’è ha fallito: Veltroni ha fallito, Bersani ha fallito, D’Alema ha fallito, la dirigenza della vecchia Margherita ha fallito. Andate a casa, tornate alle vostre famiglie e al vostro lavoro – sempre che dopo anni di partitocrazia ne abbiate ancora uno –.
Prendiamo ad esempio il nord. Al nord la sinistra ha perso, la sinistra al nord non esiste più. Gli intellettuali sono stati estromessi, i giovani non sono nemmeno considerati. Come è possibile pensare che un candidato che già aveva perso, soprattutto in provincia, lo scorso anno alle elezioni provinciali a Milano, Penati – già ottimo sindaco di Sesto, per l’amor del cielo –, poteva vincere in tutta la Lombardia. Com’era possibile pensare che chi non è stato votato nell’alto milanese poteva esser votato in Brianza, nel varesotto, nel comasco, nel pavese, per non dire nella bergamasca, in valtellina, o nel bresciano? Tranne quando si candidano persone davvero importanti, culturalmente e socialmente parlando, come Cacciari a Venezia, o Illy in Friuli, o Chiamparino a Torino, tranne cioè quando si candidano veri progressisti, uomini che riescono a raccogliere consenso quasi ovunque, tranne in quei casi al nord si perde ovunque. Zaia stravince e Formigoni vince per la quarta volta consecutiva. Ho detto la quarta volta! Possibile che dopo circa vent’anni di governo formigoniano, tra l’altro non un governo illuminato, direi quasi un pessimo governo, un governo clientelare e fazioso, ai dirigenti di centro sinistra non sia venuto in mente niente di meglio che ricandidare il candidato perdente in provincia di Milano? Avevamo dieci anni di tempo, avevamo cinque anni di tempo e? Niente. Si poteva ricominciare, si poteva studiare una vera alternativa, si poteva lavorare per radicarsi nel territorio per tornare ad ascoltare la gente e invece niente. Cambiano gli addendi, cambiano i nomi, non esistono più il PDS, il Partito Popolare, l’Ulivo, i DS e la Margherita, esiste il PD, ma le persone sono sempre quelle e il risultato è sempre identico: vent’anni di sconfitte.
Non voglio esser drastico ma realista! Dove si vince si vince per demerito altrui non per merito nostro. Il centro sinistra a nord, e soprattutto in Veneto e in Lombardia, è morto. Ma la Lombradia e il Veneto non sono l’Emilia e la Toscana di destra, non lo sono mai state, sono ed erano i centri del lavoro, i centri del lavoro artigianale, operaio e imprenditoriale, i centri dei grandi movimenti del volontariato sociale, delle Acli, ecc. Ebbene in questi centri la gente vota a destra e la sinistra con questa gente non riesce più a dialogare e forse, ed è anche peggio, non vuole più dialogare.
Ovviamente possiamo dire che è colpa delle televisioni, di un leader che ha trasformato il pensiero della gente condizionandolo, facendo diventare comune il pensiero dalla classe dirigente e imprenditoriale, che ovviamente difende essendo lui uno di loro, o il loro capo naturale, e la povera gente oggi non ha alternative.
Ma quello che forse più colpisce è il crollo del mito del buon governo locale della sinistra. Dove la sinistra governa, a livello locale appunto, non è detto che venga riconfermata, e non è detto che governi bene, non è detto cioè che faccia quello che la gente, tutta, non solo gli speculatori, ma anche i giovani, gli intellettuali, le famiglie, ecc, si aspettano. La sinistra quando amministra, spesso in modo tranquillo e burocratico, non fa più sognare, e la gente non la rivota. Prendete il caso del mio paese, Nerviano: dopo cinquant’anni di centro destra vince il centro sinistra, anche per demeriti altrui. Che grande possibilità per cambiare rotta, per far sognare la gente, e invece – badate bene non vuole esser un giudizio sull’operato di questa amministrazione – di fatto la cittadinanza nervianese in tutte le elezioni che sono succedute a quella amministrativa continua a votare a destra. Possibile che l’unica possibilità per la sinistra di vincere sia che la destra si presenti divisa al suo interno? Non è solo il caso di Nerviano, è il caso anche di Parabiago, in cui tra poche ore inizierà lo scrutinio, o è stato il caso di Lainate. Quasi ovunque nel nord milanese la sinistra vince se la destra si presenta separata in casa: quando la sinistra vince non vince per un vero lavoro di riforma interna, e anzi spesso i riformatori del pensiero di sinistra, siano essi giovani, intellettuali, imprenditori, ecc, vengono allontanati dalla dirigenza del partito stesso, o relegati a ruoli assolutamente marginali, mentre restano i più docili al pensiero dominante, e peggio i soliti nomi. Pensiamo al caso di Penati appunto, un caso che rappresenta perfettamente una classe dirigente che continua a suonarsela e cantarsela da sola – e direi quasi sempre a suonarsela male date le continue sconfitte –.
Proviamo a trovare una nota positiva – mentre la Polverini annuncia che domani ci sarà la festa per i gladiatori del voto, ringraziando i ragazzi del suo comitato... brividi; e la Bonino ringrazia per la vittoria? (che vede solo lei...) –? Credo che l’unica vera nota positiva di questa tornata elettorale è la conferma di Vendola in Puglia. La vittoria di uno che ha ammesso il suo errore, cioè di essersi fidato troppo della dirigenza del partito che lo sosteneva e che lo ha tradito a suon di scandali, da cui si è allontanato ripulendo il suo precedente esecutivo e sfidando a viso aperto, con le primarie, il “nuovo” candidato di partito battendolo e andando tra la gente a chiedere il voto. Un voto che la gente gli ha ridato. Bravo.
Speriamo che anche in Lombardia si potrà un giorno ripartire da lì, dalle famose primarie. Personalmente vorrei ricordare che già nel 2003 andavo dicendo che proprio le primarie potevano essere l’unico modo per trasformare, o provare a farlo, un partito, un gruppo di persone, troppo legato ai suoi meccanismi, troppo legato alla sua burocrazia interna, troppo lontano dalla gente.
Ps. Stavo preparando una riflessione sulla sinistra e il lavoro ma l’ho momentaneamente congelata. La riproporrò nei prossimi giorni.
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1 commento:
Tutto giusto e condivido tutto, ti darò però anche una gran delusione sono, purtroppo per te , per me , per tutti, parole al vento.
o meglio sono parole che rimbalzano su muri freddi e duri.
meno male che ho votato pezzotta....ahahahahahahaah
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