venerdì 12 marzo 2010

Ricominciamo da qui... Buon 2010!


Questa sera, dopo una lunga pausa di riposo, di dolore e di riflessione ho deciso di tornare a scrivere.

A chi serve l’Universo?
Se il genere umano, se l’umanità, scomparissero
L’Universo sarebbe inutile
Noi...
Noi vogliamo imitare Dio
Perciò esistono gli artisti.
Gli artisti vorrebbero ricreare il mondo,
come fossero piccoli dei.
E fanno una serie di...
Hanno un continuo ripensare...
Sulla storia, sulla vita su tutto quello che succede quaggiù,
o su quello che credono sia successo.

Si perchè alla fine crediamo nella memoria.
Perchè tutto è passato, e chi garantisce che tutto quello che immaginiamo sia passato, sia passato realmente? A chi dovremmo chiedere?

Questo mondo, questa ipotesi allora è un illusione.
La sola cosa vera è la memoria. Ma la memoria è un’invenzione...
In fondo la memoria, intendo dire nel cinema... nel cinema la cinepresa può fissare un momento, ma quel momento è già passato.
In fondo quello che fa il cinema è far rivivere il fantasma di quel momento, e abbiamo la certezza che quel momento sia esistito fuori dalla pellicola? O la pellicola è la garanzia dell’esistenza di quel momento? Viviamo insomma in un dubbio permanente...


Il regista Fridrich, protagonista fantasma di Lisbon Story, il cui nome è un omaggio del regista reale, Wim Wenders, a Federico Fellini, stanco del mondo delle immagini svendute, stanco del protagonismo di registi, compositori, architetti, svenduti agli effetti speciali del dio denaro, prova a tornare alle origini, e decide di tornare al cinema degli inizi, alla classicità.
Entra così in un vortice emozionale in cui tutto perde senso e capisce che nel momento in cui immortala, o decide di immortalare una scena, quella scena diviene di colpo, appunto, falsa, o comunque svenduta in quanto vendibile e commerciale.
Dopo avere provato a girare un film reale, con una vecchia camera a manovella, omaggio al cinema degli inizi, novello architetto greco, o romano, decide di abbandonare anche quella strada, perché attaccabile e ancora una volta frutto di un processo forzato perché conscio, quindi produttore di immagini irreali. «Le immagini non sono più quelle di un tempo, è impossibile fidarsi di loro [...]. Mentre noi crescevamo le immagini erano narratrici di storie, e portatrici di cose. Ora sono tutte in vendita, con le loro storie e le loro cose. Non sanno più come mostrare. Le immagini vengono vendute aldilà del mondo, e con grossi sconti... » dice il regista. Ricominciare dal principio cent’anni dopo quindi, ma «non ha funzionato. Per un pò è sembrato possibile, ma poi tutto è crollato... ».
Inizia così a girare per la città con una camera a tracolla che porta a penzoloni sulla schiena, riprendendo ciò che accade alle sue spalle senza filtri: montagne di pellicole reali e vergini, cioè pure finché nessuno le vedrà, e che quando saranno viste perderanno il loro senso e la loro purezza.

È la morte del cinema, è la morte dell’architettura e della composizione. È il dubbio del regista, dell’architetto, del compositore, è il dubbio dell’artista di fronte al mercato: cosa fare? Svendersi definitivamente o tornare agli inizi, al classicismo? Ma è poi possibile tornare davvero agli inizi, magari facendo finta che non sia successo nulla fin qui?

E qui arriva il paradosso: è un tecnico a consegnare al compositore la soluzione. Proprio quella tecnica che ha portato l’artista ad allontanarsi definitivamente dal corso naturale della storia ripudiando i frutti della tecnica stessa, facendogli nascere la voglia di tornare all’antichità, consegna la soluzione al regista:
«Questo è un messaggio per Fridrich, il re del magazzino immagini spazzatura... [mentre sullo sfondo compare una scritta pubblicitaria, “Principio, o finale felice...” geniale trovata wendersiana]. Ohhh Fritz, mi sa che ti sei un po’ perso! Tutte queste immagini giocattolo mi sa che ti hanno fatto un poco uscire di testa. Ora sei in un vicolo cieco, faccia al muro, ma... muovi gli occhi, fidati di loro, non ce li hai mica sulla schiena... Continua a fidarti della tua vecchia manovella, essa è ancora capace di immagini in movimento, perché sprecare quindi la tua vita in superflue immagini spazzatura, quando mettendoci il cuore puoi farne superbe immagini in celluloide. Le immagini in movimento possono ancora fare quello per cui vennero inventate cento anni fa. Possono ancora essere commoventi... ».

Fidiamoci del nostro cuore e proviamo a fare delle architetture con il cuore.
Ben tornati, e ben tornato... a me stesso

2 commenti:

sergio ha detto...

Bentornato fratello insubre!

igghins ha detto...

quoto.