mercoledì 23 gennaio 2008

Sulla critica e sui progetti. Alcune considerazioni sull’Unione Manifatture.


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Dopo aver introdotto il tema dell’Unione Manifatture di Nerviano partendo da alcune considerazioni storiche, credo sia il momento per provare a iniziare a stilare alcune conclusioni, conclusioni che potranno servire come base per alcuni progetti accademici – ricordo che l’area dell’Unione Manifatture è stata scelta come caso studio da alcuni docenti della facoltà di Architettura Civile – e magari, spero, non solo accademiche – ben inteso, purtroppo non ho alcun incarico in merito –.

Innanzitutto ringrazio chi contribuisce in diverso modo a questo blog e in primo luogo tutti i visitatori – per fortuna solo molti –.

Vorrei iniziare ripartendo dalla questione introdotta da Sergio[1] della bontà architettonica o meno dell’ex centrale termica dell’Unione Manifatture, e dalla questione, che è centrale nello studio della storia dell’architettura, del legame tra progettista, e buon progettista, e opera, più o meno buona che essa sia. Non è una questione facile e forse nemmeno affrontabile in un blog, ma prima di affrontare la questione del progetto ci provo.

Sergio, riferendosi al progettista della ex centrale termica, commenta su questo blog «Architetto o ingegnere, poco rileva. Come credo che poco interessi se sia stato un “grande”». Un’affermazione che mi trova in parte d’accordo. Tuttavia per Carlos Martì Aris la critica architettonica deve partire dalla questione del progetto: «la critica che mi interessa è quella che si concentra sullo studio delle opere, cercando di scomporle per sapere come sono fatte, che si sofferma sui procedimenti sintattici utilizzati per costruirle»[2]. In La cèntina e l’arco Arìs sembra dare una prima risposta alla questione legando indissolubilmente l’opera al progettista e soprattutto la critica e la teoria all’opera e al progettista. È evidente che vi possono essere opere splendide e interessanti, progettate da sconosciuti, ma in realtà sono pochissime, sono opere minori – per questo non di minor importanza ovviamente – e spesso legate a una storia molto lontana e alla cultura contadina e popolare. È vero che nessuno conosce l’architetto del convento degli Olivetani di Nerviano, o della Villa Litta a Lainate, come dice Sergio, ma è vero anche che nessuno conosce l’architetto del Pantheon o della cattedrale di Siracusa, per dirne solo due, eppure ovviamente esse sono opere d’arte uniche, grandiose e centrali nella storia dell’architettura.

È però ormai riconosciuto che la grandezza – per dirla con Sergio – o meno di un progettista, architetto o ingegnere, deve essere misurata rispetto la sua opera, senza farne ovviamente una questione di quantità, cioè rispetto i progetti, gli scritti e, in ultimo, le realizzazioni. Certamente esistono figure di architetti moderni che hanno realizzato pochissimo e che insieme sono diventati figure centrali, su tutti forse Hilberseimer, Terragni, e nella contemporaneità Giorgio Grassi e Rem Koolhaas. Figure centrali perché centrale è la loro opera, punti di riferimento costante per gli altri architetti. Forse Obermeier, forse l'architetto della centrale termica, non è così centrale, ma prima di dare giudizi affettati proveremo a ricercare a fondo la sua opera.

Esistono due tipi di risposta progettuale e di architetti «quella di coloro che, rinunciando in partenza a qualsiasi riflessione sitematica, situano il progetto nell'ambito dell'esperienza personale irripetibile e isolata, e quella di quanti, nonostante le difficoltà, non abbandonano la pretesa di fondare la pratica su una teoria sostenuta da enunciati passibili di analisi e discussione»[3].

Vi è poi la questione difficile del rapporto tra conservazione e progetto, ma di questo proverò a parlarne più avanti, cercando di capire quanto fondamentale sia l’Unione Manifatture, nella sua complessità e non solo la centrale termica, per Nerviano non solo per ragioni storiche, non solo per ragioni di memoria, o di archeologia industriale, ma perché è un’area centrale e nevralgica per la città di Nerviano, quella del passato e quella del futuro.


[1] Pur trovandoci spesso su fronti opposti, ci conosciamo da anni e riconosco la scrittura, credo sia Sergio Parini, ex Sindaco di Nerviano per due legislature. Certamente una persona che vuole bene a Nerviano e che la vive in modo intenso e commosso. Colgo l'occasione per dire pubblicamente che mi lusinga averlo tra i lettori e soprattutto tra i "commentatori", spero anche tra gli "aiutanti" nella ricerca dei ragazzi.

[2] CARLOS MARTI' ARIS, La cèntina e l'arco. Pensiero, teoria, progetto in architettura, ed. italiana a cura di Simona Pierini, Christian Marinotti Edizioni, Milano, 2007, p.19.

[3] Ibidem, pp. 22-23.

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