martedì 11 marzo 2008

In Spagna Vince Zapatero














Questo fine settimana ci sono state le elezioni in Spagna e mentre la classe dirigente italiana dà il meglio di se con finte legnate in pubblico e ammiccamenti sottobanco, accuse da reality show in televisione seguite da lunghi sorrisi, che lasciano intendere larghe intese e grosse abbuffate, in Spagna vince chi fa. Ha vinto di nuovo José Luis Rodríguez Zapatero, classe 1960, nipote di un partigiano spagnolo ucciso dai franchisti. Un uomo che negli anni ’80 aveva 25 anni, un socialista che può essere accusato di tutto tranne che di appartenere a un mondo che ormai non esiste più da anni, il mondo delle lotte di classe, il mondo degli anni ’60 e ’70.

Oggi in Italia tutti si sorprendono che Romano Prodi, come pare, lascerà la politica, nessuno in Spagna si è sorpreso che prima Aznar e ora Mariano Rajoy hanno lasciato, o lasceranno, la politica dopo una sconfitta. Insomma in Spagna chi vince governa e fa, chi perde lascia il posto ad altri. In Italia Occhetto ha perso e ha smesso di fare politica – politica nazionale –, Prodi ha perso e smetterà, Silvio Berlusconi ha perso nel 1996, si è ripresentato nel 2001, ha vinto, ha perso nel 2006, si ripresenta oggi nel 2008, ben quattordici anni dopo la prima volta. Nel nostro piccolo, a Nerviano, è normale che chi ha perso si ripresenti dopo pochi anni, nel nome del “ma se no chi?”, e non per una legislatura, che sarebbe già strano, ma per decine d’anni sempre gli stessi. Ma è così difficile essere un paese normale?

Piuttosto che cercare di capire perché Zapatero ha vinto – ma allora non è vero che chi governa poi perde? Vedi anche Blair – in Italia a sinistra si lotta per rivendicare l’amicizia intellettuale con il leader spagnolo: Mussi dice di essere il solo socialista, il non più giovane Veltroni si offende e rilancia, e su tutti Gavino Angius e Boselli affermano di essere i soli e veri socialisti. Ma esiste un patentino del buon socialista? Ma è possibile che dopo 25 anni di Lega Lombarda-Lega Nord, tra governo e opposizione, in Italia il leghismo non abbia ancora ottenuto uno straccio di federalismo? L'unica cosa che hanno ottenuto è un legge definita da loro stessi una porcata. Ma è possibile in un paese civile?

Non voglio farne un fatto anagrafico, credo di avere dimostrato in questo blog abbastanza onestà intellettuale in questo senso, basterebbe rileggere l’ultimo post Late modern generation ­– scusate per la auto citazione, non lo farò mai più – per capire che penso ci siano dirigenti giovani ma vecchi, e insieme dirigenti vecchi ma molto giovani, ma proviamo ad analizzare i dati: il leader francese Sarkozy è nato il 28 gennaio 1955 (53 anni), il leader spagnolo Zapatero è nato 4 agosto 1960 (48 anni, la prima volta 44), Tony Blair è nato il 6 maggio 1953 (è stato eletto premier nel 1997 a 44 anni), in Italia Umberto Bossi è del 1941 (67 anni), Silvio Berlusconi è del 1936 (72 anni), Fausto Bertinotti del 1940 (68 anni), per dirne qualcuno. Non sarà che un anziano a un certo punto non riesce più a non mediare, non riesce più a prendere decisioni impopolari, dure, spesso difficili? Non sarà che questo atteggiamento troppo pragmatico alla fine non paga e anzi allontana dalla politica intere generazioni?

Basta poi rimanere qualche tempo in Spagna, ma anche in Inghilterra, per accorgersi che in quei paesi la società è viva, diversa, giovane: si organizzano mostre con facilità, si demolisce e si ricostruisce, si balla e si lavora, si trova affitto facilmente e facilmente si cambia casa, non si vede politica in televisione ma arte, scienza e sport. In Italia non si riesce a pubblicare niente, a meno che non si abbiano alle spalle anni e anni di esperienza accademica, non si costruisce nulla, si lavora poco e con gran fatica i più anziani lasciano il posto ai più giovani, che per la verità, proprio perché di un’altra generazione, con altre basi culturali, poco se la sentono di lottare con questi grandi esperti di lotta sociale. Ma quando finirà tutto questo? Quando questi ex ribelli di trenta o quarant’anni fa si accorgeranno di avere alle spalle non una, ma due o tre generazioni che fin’ora hanno vissuto e vivono in un mondo completamente diverso dal loro?

Su José Luis Rodríguez Zapatero:
http://www.lamiradapositiva.es/

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Purtroppo l'Italia è un paese vecchio, anagraficamente, ma soprattutto mentalmente. Un Paese ancorato a un provoncialismo stantio, che non è capace di valorizzare se stesso; un Paese indolente, con grandi potenzialità, ma che preferisce demandare a qualche volenteroso il compito di sfruttarle.
La classe politica è lo specchio di questo immobilismo: stesse facce, stessi simboli, stessi nomi, ma soprattutto stesse idee.
Sentire che nel 2008 vengono agitati ancora i fantasmi della lotta di classe, del comunismo liberticida, mi lascia perplesso... Possibile che gli argomenti di cui si discute in politica siano ancora, in gran parte, gli stessi discorsi che sentivano i miei genitori alla mia età? Se non addirittura gli stessi che sentivano i miei nonni alla mia età!

Anonimo ha detto...

Purtroppo l'Italia è un paese vecchio, anagraficamente, ma soprattutto mentalmente. Un Paese ancorato a un provoncialismo stantio, che non è capace di valorizzare se stesso; un Paese indolente, con grandi potenzialità, ma che preferisce demandare a qualche volenteroso il compito di sfruttarle.
La classe politica è lo specchio di questo immobilismo: stesse facce, stessi simboli, stessi nomi, ma soprattutto stesse idee.
Sentire che nel 2008 vengono agitati ancora i fantasmi della lotta di classe, del comunismo liberticida, mi lascia perplesso... Possibile che gli argomenti di cui si discute in politica siano ancora, in gran parte, gli stessi discorsi che sentivano i miei genitori alla mia età? Se non addirittura gli stessi che sentivano i miei nonni alla mia età!

Anonimo ha detto...

Purtroppo l'Italia è un paese vecchio, anagraficamente, ma soprattutto mentalmente.
Un Paese ancorato a un provoncialismo stantio, che non è capace di valorizzare se
stesso; un Paese indolente, con grandi potenzialità, ma che preferisce demandare a
qualche volenteroso il compito di sfruttarle.
La classe politica è lo specchio di questo immobilismo: stesse facce, stessi simboli, stessi nomi, ma soprattutto stesse idee.
Sentire che nel 2008 vengono agitati ancora i fantasmi della lotta di classe, del comunismo liberticida, mi lascia perplesso... Possibile che gli argomenti di cui si discute in politica siano ancora, in gran parte, gli stessi discorsi che sentivano
i miei genitori alla mia età? Se non addirittura gli stessi che sentivano i miei nonni alla mia età!

Maurizio Ruvolo - Arluno