martedì 21 aprile 2009
Salviamo i Carigg
Ricevo e pubblico volentieri due articoli già pubblicati dall'associazione econazionalista Duma Nunch. Il tema delle aree verdi tra un borgo e l'altro è ormai un tema di fondamentale importanza per la sopravvivenza dei nostri stessi paesi, del nostro territorio, della nostra civiltà (sempre che ce ne sia ancora una), più ancora dei piccoli parchi gioco, più ancora delle aree per correre o andare in bicicletta, più ancora delle aree standard a parcheggio, è una questione di memoria è una questione di sopravvivenza.
L’area dei Carigg è una grande area verde che si estende per circa 5 kmq tra i comuni di Briosco, Renate e Veduggio, lambendo anche il territorio di Besana nei pressi della Cascina Naresso.
In origine - parliamo di migliaia di anni fa - i Carigg erano un grande lago, come quelli di Pusiano ed Oggiono. Essendo l’invaso meno profondo, progressivamente venne riempito dai depositi provenienti dai versanti e dal trasporto dei corsi d’acqua.
La riduzione degli apporti idrici e lo svuotamento per un progressivo abbassamento della soglia del suo emissario principale - la Bevera - hanno portato alla trasformazione dei Carigg da lago a torbiera. Il Cherubini, nel suo memorabile Vocabolario milanese-italiano del 1843, così scrive alla parola Carècc: “Voce dell’Alto Milanese. Giuncaja. Giuncheto. Luogo pieno di giunchi o carici o caretti che si dicano; il Carectum dei Latini. Fra Renate e Bruscò in Brianza è un Carècc vastissimo”.
Oggi il lago dei Carigg è diventato una vera e propria oasi naturale nella Brianza cementificata: anello di congiunzione tra il Parco Valle del Lambro e il Parco Agricolo della Valletta.
Centinaia di persone passeggiano lungo i sentieri recuperati dai volontari in questi anni, bikers attraversano contenti i ponticelli sul Fossarone e sulla Bevera, e innumerevoli specie di uccelli popolano quel che resta dei canneti.
Non vogliamo che la speculazione edilizia cancelli questo lembo di Brianza rimasto miracolosamente intatto, sotto lo sguardo severo del Resegone e la vigile sorveglianza del bianco mausoleo dei Visconti. Non servono soldi pubblici da spendere, né enti inutili da inventare: basta la volontà di conservare quello che Dio ci ha dato in affido...
(Paolo Pirola)
Ambienti d’acqua, siepi, incolti e altri ecosistemi, molti dei quali sempre meno diffusi: il paesaggio dei Carigg è un mosaico molto articolato. Sono i territori che gli appassionati naturalisti, nella fattispecie quelli che girano con il binocolo, amano molto. La varietà di ambienti, anche in uno spazio non estesissimo, attira tante specie. Ai Carigg troviamo ecosistemi che, a livello europeo, stanno sempre più scomparendo. Si tratta dei sistemi delle siepi, degli incolti, dei prati: situazioni collegate ad una agricoltura del passato che offre spazio a una grande varietà biologica. Un tempo erano molto diffusi; oggi i metodi di coltivazione su basi industriali e il sempre più sfrenato utilizzo delle aree verdi marginali - le famose aree “da valorizzare” - per costruire nuovi quartieri residenziali li stanno via via cancellando. Non è un caso che tra le specie di uccelli che più soffrono nel nostro continente vi siano proprio quelle legate alle zone agricole e agli ambiti ad esse immediatamente collegate. I Carigg rappresentano un residuo della campagna di una volta, ma non solo. Ad arricchire il tutto contribuisce anche la presenza dell’acqua.
Negli anni diversi appassionati hanno svolto uscite da queste parti, compilando una lista di specie molto interessante. Qui girano tante specie di rapaci, tra i quali l’albanella reale e il lodolaio. Cinque specie di aironi frequentano il sito durante l’anno, sia in periodi di nidificazione che nel corso di spostamenti e migrazioni. Ma sono loro, i passeriformi, gli uccelli piccoli, i protagonisti principali. Gli zigoli, ad esempio, o diverse specie di fringillidi trovano in questo angolo di Brianza cibo e rifugio. Ci sono poi i passeriformi delle siepi e del canneto: su tutti il beccamoschino, molto poco diffuso dalle nostre parti, cannaiola e cannaiola verdognola, beccafico e capinera. Gli spazi incolti, tesori da proteggere, offrono spazio ad una specie sempre più in diminuzione: il bellissimo saltimpalo, per il quale può essere deleteria anche la sparizione di paletti e staccionate. Girando con il binocolo potremo incontrare i colori del martin pescatore, del gruccione e dell’upupa, o cercare la sempre meno comune tortora. O, nel periodo di migrazione, cercare nel crepuscolo il verso del misterioso succiacapre.
(Matteo Barattieri)
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1 commento:
Aggiungo alla tua introduzione che tema di fondamentale importanza è la nostra identità. Il piano è inclinato verso lo sradicamento e l'anonimato ormai da diversi decenni e all'equazione qualità della vita=sviluppo edilizio hanno ormai smesso di crederci in molti. Soprattutto chi non ha e non ha mai avuto interessi mattonari. Le contraddizioni che ancora sentiamo, sospese fra la ormai inderogabile difesa del territorio e le esigenze dell'economia e della finanza, sono il colpo di coda di un sistema che scricchiola ormai da tutte le parti. Ma purtroppo c'è la triste prospettiva de trovass in pè sora i ruinn... Perchè, come ebbe a dire il saggio Yor Milano, "Senza i radis se pò minga mangià i scires"...
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