venerdì 17 aprile 2009
Della normativa edilizia e del tecnico comunale
Intanto ben tornati dalle vacanze pasquali per chi di voi come me le ha fatte – dopo aver passato qualche giorno di lavoro e sci in montagna sono di ritorno da Parigi, dove ho accompagnato i ragazzi della comunità in cui abito per 4 giorni stupendi –, cioè bentornati a quanti come me preferiscono spendere quei pochissimi soldi che ci sono in viaggi.
Confesso che il tema di cui sto per scrivere non mi entusiasma particolarmente, anzi tutt’altro. Parlerò di norme, codici, codicilli e burocrazia.
Da qualche tempo si sente in televisione e si legge sui giornali della Legge che rilancerà, almeno così si dice, l’edilizia italiana. Premesso che non condivido per niente l’idea che debba essere rilanciata l’edilizia quanto piuttosto dovrebbe essere migliorata la qualità del costruito, in termini di composizione, di rapporto con la storia, con la cultura architettonica internazionale, in termini anche ma non solo di qualità tecnica e tecnologica, insomma in una parola dovrebbe essere rilanciata l’architettura; premesso quindi che si dovrebbe dare più spazio all’architettura in questo tutto mediatico quanto assurdo dibattito; premesso questo ancora una volta in questa nostra Italia governata da avvocati e giuristi, e non da filosofi, storici e architetti, il dibattito si concentra sull’unica cosa che non tocca quasi per nulla il territorio, che non tocca la nostra cultura, ma che invece, sembra, apparentemente toccherà o potrebbe toccare i portafogli tutti, o purtroppo di alcuni speculatori: la norma sull’incremento di volumetria.
Non voglio entrare nel merito dei problemi sollevati in questi giorni, è talmente stupido questo dibattito che non mi ci soffermo nemmeno un istante. Dico solo che, anche rimanendo nel campo delle norme e dei codici, la volumetria è solo uno dei tantissimi aspetti: vi sono poi altri regolamenti da rispettare, le norme comunali, i regolamenti edilizi, le distanze dai confini, i limiti in altezza, ecc. Insomma si è montato un gran polverone, come al solito di questi tempi, su una norma che pare toccherà pochi.
Quando si parla invece di snellimento dei processi burocratici si tocca secondo me un tasto delicato e penso giusto. Come al solito vi racconto un aneddoto particolare, locale, che però può, credo, esser trasposto anche altrove. Questa mattina mi sono recato nel comune di San Vittore Olona, comune del nord ovest milanese che come quasi tutti qui, e forse più di altri, non brilla certamente di architettura propria – ma è colpa dei tecnici comunali o è colpa degli architetti, dei tecnici, dei politici, o degli immobiliaristi? o di tutte queste figure –, dove ho presentato una piccola pratica edilizia. Come spesso succede dopo averla protocollata i tecnici si sono accorti che mancava una cosa. Ma ancora non è questo il punto. Telefono in comune, risponde subito il tecnico incaricato, mi da appuntamento dopo un’ora circa, mi presento con un disegno stampato su un foglio A4, lo timbro lo firmo e lo consegno. La pratica è integrata e può andare avanti. Succede ovunque così? No. In altri comuni le richieste di integrazione sono solo scritte, e se da un lato potrebbe essere un bene dall’altro capirete che l’applicazione intransigente della norma porta a una risposta non dopo un paio di giorni senza fermare il decorrere della pratica, ma porta a una risposta al termine, o quasi, dei 30 giorni previsti dalla legge, dopo di che bisogna ripresentare il tutto e aspettare di nuovo altri 30 giorni, sperando che nel frattempo al tecnico di turno non sia venuta in mente un'altra piccola scritta mancante, una quota, un segno, un alberello, ecc.
Insomma con le stesse norme, più o meno, con le stesse regole, due vecchi centri poco distanti, simili, entrambi distrutti dalla speculazione degli anni ’60 e degli ultimi anni, dal ’90 a oggi – non un centro speculativo e volgare, uno, e l’altro un paradiso terrestre dell’architettura –, in due paesi così simili, entrambi sull’asse del Sempione quali potrebbero essere per esempio San Vittore Olona e Nerviano, da un lato ce n’è uno in cui le pratiche non si fermano e i tecnici sembrano – questa è la mia esperienza – pronti a integrare in corsa alcune piccole lacune che sempre ci sono, data proprio l’applicazione differente da comune a comune della norma stessa, dall’altro un comune che sembra paralizzato da carte, lettere, norme, ecc. Ma è la norma o è l’applicazione della norma stessa che porta a così diversi risultati pratici?
E allora, per tornare a noi, a cosa servono nuove norme se poi l’applicazione si fa rigorosa burocratica, severa, intransigente e ottusa? Non penso a una liberalizzazione e a un interventismo sfrenato, penso invece a controlli preventivi severi, severissimi, a limiti dell’edificazione incondizionati e incondizionabili – in particolare nell’alto milanese –, penso a giudizi preventivi da vere commissioni tecniche, o dall’ordine degli architetti, come succede in Spagna, da commissioni paesaggistiche, compositive – quali fossero antiche commissioni d’ornato –. Non servirebbe di più spronare gli architetti a un’architettura degna di questo nome, organizzare mostre, incontri, dibattiti televisivi, mediatici e locali sull’architettura, fare interventi pubblici che guardino all’Europa e non al parchetto sotto casa e al villino con gli archetti, i mille tettucci e i sette nani davanti la porta?
Solo la luna
Rimbalzando sopra il lago
Sorrise quando poi la luce ritornò
Confesso che il tema di cui sto per scrivere non mi entusiasma particolarmente, anzi tutt’altro. Parlerò di norme, codici, codicilli e burocrazia.
Da qualche tempo si sente in televisione e si legge sui giornali della Legge che rilancerà, almeno così si dice, l’edilizia italiana. Premesso che non condivido per niente l’idea che debba essere rilanciata l’edilizia quanto piuttosto dovrebbe essere migliorata la qualità del costruito, in termini di composizione, di rapporto con la storia, con la cultura architettonica internazionale, in termini anche ma non solo di qualità tecnica e tecnologica, insomma in una parola dovrebbe essere rilanciata l’architettura; premesso quindi che si dovrebbe dare più spazio all’architettura in questo tutto mediatico quanto assurdo dibattito; premesso questo ancora una volta in questa nostra Italia governata da avvocati e giuristi, e non da filosofi, storici e architetti, il dibattito si concentra sull’unica cosa che non tocca quasi per nulla il territorio, che non tocca la nostra cultura, ma che invece, sembra, apparentemente toccherà o potrebbe toccare i portafogli tutti, o purtroppo di alcuni speculatori: la norma sull’incremento di volumetria.
Non voglio entrare nel merito dei problemi sollevati in questi giorni, è talmente stupido questo dibattito che non mi ci soffermo nemmeno un istante. Dico solo che, anche rimanendo nel campo delle norme e dei codici, la volumetria è solo uno dei tantissimi aspetti: vi sono poi altri regolamenti da rispettare, le norme comunali, i regolamenti edilizi, le distanze dai confini, i limiti in altezza, ecc. Insomma si è montato un gran polverone, come al solito di questi tempi, su una norma che pare toccherà pochi.
Quando si parla invece di snellimento dei processi burocratici si tocca secondo me un tasto delicato e penso giusto. Come al solito vi racconto un aneddoto particolare, locale, che però può, credo, esser trasposto anche altrove. Questa mattina mi sono recato nel comune di San Vittore Olona, comune del nord ovest milanese che come quasi tutti qui, e forse più di altri, non brilla certamente di architettura propria – ma è colpa dei tecnici comunali o è colpa degli architetti, dei tecnici, dei politici, o degli immobiliaristi? o di tutte queste figure –, dove ho presentato una piccola pratica edilizia. Come spesso succede dopo averla protocollata i tecnici si sono accorti che mancava una cosa. Ma ancora non è questo il punto. Telefono in comune, risponde subito il tecnico incaricato, mi da appuntamento dopo un’ora circa, mi presento con un disegno stampato su un foglio A4, lo timbro lo firmo e lo consegno. La pratica è integrata e può andare avanti. Succede ovunque così? No. In altri comuni le richieste di integrazione sono solo scritte, e se da un lato potrebbe essere un bene dall’altro capirete che l’applicazione intransigente della norma porta a una risposta non dopo un paio di giorni senza fermare il decorrere della pratica, ma porta a una risposta al termine, o quasi, dei 30 giorni previsti dalla legge, dopo di che bisogna ripresentare il tutto e aspettare di nuovo altri 30 giorni, sperando che nel frattempo al tecnico di turno non sia venuta in mente un'altra piccola scritta mancante, una quota, un segno, un alberello, ecc.
Insomma con le stesse norme, più o meno, con le stesse regole, due vecchi centri poco distanti, simili, entrambi distrutti dalla speculazione degli anni ’60 e degli ultimi anni, dal ’90 a oggi – non un centro speculativo e volgare, uno, e l’altro un paradiso terrestre dell’architettura –, in due paesi così simili, entrambi sull’asse del Sempione quali potrebbero essere per esempio San Vittore Olona e Nerviano, da un lato ce n’è uno in cui le pratiche non si fermano e i tecnici sembrano – questa è la mia esperienza – pronti a integrare in corsa alcune piccole lacune che sempre ci sono, data proprio l’applicazione differente da comune a comune della norma stessa, dall’altro un comune che sembra paralizzato da carte, lettere, norme, ecc. Ma è la norma o è l’applicazione della norma stessa che porta a così diversi risultati pratici?
E allora, per tornare a noi, a cosa servono nuove norme se poi l’applicazione si fa rigorosa burocratica, severa, intransigente e ottusa? Non penso a una liberalizzazione e a un interventismo sfrenato, penso invece a controlli preventivi severi, severissimi, a limiti dell’edificazione incondizionati e incondizionabili – in particolare nell’alto milanese –, penso a giudizi preventivi da vere commissioni tecniche, o dall’ordine degli architetti, come succede in Spagna, da commissioni paesaggistiche, compositive – quali fossero antiche commissioni d’ornato –. Non servirebbe di più spronare gli architetti a un’architettura degna di questo nome, organizzare mostre, incontri, dibattiti televisivi, mediatici e locali sull’architettura, fare interventi pubblici che guardino all’Europa e non al parchetto sotto casa e al villino con gli archetti, i mille tettucci e i sette nani davanti la porta?
Solo la luna
Rimbalzando sopra il lago
Sorrise quando poi la luce ritornò
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8 commenti:
Beati loro! Se i tecnici comunali leggono il tuo post si faranno anche 2 grasse risate...
Intanto "loro" costruiscono le NOSTRE opere pubbliche più importanti come: asili, scuole, ciclabili eccetera, sorvolando le normative più importanti senza che tu neanche te ne accorgi. Caro Fabio, rassegnati e taci! Oppure, visto che hai un dottorato in architettura, che potrebbe agevolarti nel leggere le tavole ed i regolamenti edilizi, prova a fare il cittadino attivo e controllore, ribadendo proprio a loro che la legge è uguale per tutti, magari la smetti di piangere e ti fai anche tu qualche risata.
FTT
Come al solito non ribatto sulle accuse tipo "taci", sulle facili ironie tipo "visto che hai un dottorato", proprio perché ho un dottorato. Faccio notare invece che ho parlato di edilizia privata e non pubblica. Su quello ho avuto modo di scrivere e anche molto in diversi post "dei concorsi", "della piazza", e ancora altri post sui vari programmi lavori pubblici ecc. Tenderei a non confondere Calcio e Rugby, anche se entrambi si giocano sullo stesso campo. Certamente invece, ma si trova ben scritto nelle prime righe, che invito a rileggere, sarebbe un mondo migliore se si parlasse di piu' nel merito dell'architettura e non nel merito della normativa. ps. per leggere tavole e regolamenti basta avere un diploma o meglio una laurea in giurisprudenza, come tutti i nostri politici o quasi, un dottorato invece serve per pensare.
Aggiungo che Nerviano non è l'oggetto di questo blog ma un caso studio concreto e a me vicino. Grazie e scusate la puntualizzazione. ps.scusate anche chi spesso si accende, e giustamente, per problemi solo locali, ovviamente capirete. Ringrazio molto
Più che locale la questione sollevata e diffusa a livello nazionale così come il giuoco delle parti, e siccome tu non parli col Ministro dei Lavori Pubblici ma con il semplice funzionario locale... capiranno! certo che capiranno....
Aggiungo: è proprio l’oggetto del post che mi ha spinto a commentare. Infatti, se non è già chiaro nel commento precedente, ribadisco, concordo e confermo la necessità di dare un peso alla tua giusta contestazione con una energia diversa, NUOVA, oppure, meglio tacere. Sarebbe anche ora, di mettere sulla bilancia i due pesi, “pubblico e privato”, senza mezzi termini che fanno solo ridere.
Aggiungo-bis: so anche che conosci benissimo le violazioni commesse dai tecnici comunali nelle opere pubbliche; ho scritto:"senza che neanche te ne accorgi" consapevole del contrario e per rendere l’idea sulla cecità forzata e la chiave di lettura che ognuno preferisce dare "Della normativa edilizia e del tecnico comunale" a seconda del ruolo e dello scopo da raggiungere. Evidentemente “loro”, i tecnici comunali, sanno vincere su quelli privati proni a subire e tacere. Anche a scapito della tanto amata architettura antica e moderna.
Non ho capito (@ Ale) cosa possano avere da ridere i tecnici comunali e neppure Fabio.
Poi si sà che Fabio, in fondo in fondo, è un anarchico!
...letto il titolo del post, mi sarei aspettato si parlasse dei mille Comuni italiani, ognuno con il suo regolamento (comunale e d'igiene), le sue distanze, le sue altezze, le sue eccezioni, ecc. Mille e mille regolamenti che non garantiscono nulla!
Com'è che fa?!
Credo in un solo... Codice,
quello Civile, ecc. ecc.
Antropofilo e monoteista
Caro Antropofilo
la tua saggezza mi lascia sempre più senza parole. Hai colto perfettamente nel segno. Piegati a novanta (come la statua di A.Martini) di fronte ai mille regolamenti di igiene, ai mille regolamenti attuativi, alle mille norme tecniche, o di fronte i mille tecnici, ci troviamo per contro al potere un omino che ci promette da quasi vent'anni semplificazioni, ristrutturazioni, paradisi fiscali e architettonici che puntualmente svaniscono e puntualmente, ciclicamente, come il paradosso della vita, ritornano nei momenti principi di questa nostra, del XXI secolo, incompiuta democrazia, le elezioni. Quanta saggezza! Nelle tue poche e soppesate parole ritrovo quelle del compagno Michail Aleksandrovič B. Che avesse ragione lui?
In modo già molto discutibile, Fabio si definisce “compagno”; qualificarlo anarchico è sicuramente un errore, per il resto... chi ti conosce potrà ben comprendere la tua saggezza sempre in fuga dalle brutte vicende che più o meno possono sfiorarti.
Nel merito del titolo scritto dal neo membro della “commissione per il paesaggio” del Comune di Nerviano, e del tuo sprezzo (a priori) delle regole che GIUSTAMENTE variano da comune a comune, antepongo alle tue parole scoraggianti le mie, che invitano ad osservare e far rispettare con rigore le regole senza voltarsi dall’altra parte in cerca d’altro... tant’è che il Codice Civile, Penale, Etico/Morale, Professionale, Deontologico... difenderà noi e la nostra civiltà fin quando questa né riconoscerà e né difenderà i valori.
PS Adesso cari compagni, andate pure avanti a parlar male dell'omino... prometto di non disturbare!!
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