lunedì 11 febbraio 2008

Rafael Moneo. L'aeroporto San Pablo di Siviglia.


















«Costruire forme ritrovando per l’architettura una perduta identità. Legarla alle culture, regioni, ai luoghi, ai loro tratti antichi. Ricostruire radici che l’omologazione tende a cancellare. E con le radici, restituire alle forme nuove legittimità e riconoscimento collettivo. Questo sembra essere stata l’ansia della modernità e delle sue illusioni, ma che portava a supporre che le forme si perpetuassero per discendenze lineari, per ideali successioni, a partire da un nucleo autentico, da un’antica immedesimazione.
È vero invece che l’architettura si costruisce anche attraverso reti di analogie, attraverso rapporti a distanza che sempre hanno legato tra loro le città e gli edifici. Di questi rapporti ci si è scordati. Si è scordato come le città non nascano solo dalla singolarità dei luoghi e dalla densità della terra, ma da mescolanze e intrecci, da ripetizioni e richiami, da scambi ed echi, da rapporti analogici e da forme imitative» (DANIELE VITALE, Il Viaggio dell’Architettura).


L’architettura degli aeroporti da sempre ha richiamato o si è riferita, in modo più o meno diretto, a quel sofisticato mondo industriale e tecnologico di cui l’aeronautica è parte, con edifici che alludono formalmente a quel mondo, servendosi della tecnica e della tecnologia costruttiva come punto fondamentale e fondativa del progetto. Spesso l’aeroporto viene paragonato all’aereo, tanto in termini materiali quanto formali. Non è il caso dell’aeroporto San Pablo di Siviglia. A «Siviglia l'oggetto necessario è ridotto soltanto a pochi elementi tecnici che ancora permettono di identificarne la funzione il resto è evocazione visiva»[1].

Progettato nel 1992 dall’architetto navarro Rafael Moneo[2] l’aeroporto di Siviglia si costruisce attraverso l’evocazione e il confronto diretto con altre architetture antiche, che sono prese come termine di paragone, a volte indirette a volte direttissime: è il caso della moschea di Córdoba.















.


Situato a circa dieci chilometri a nord est della città e si tratta di un edificio isolato in piena campagna, senza alcun riferimento alla città se non la strada che lo collega a essa, da qui l’importanza del rapporto terminal-strada che lo attraversa. Come in alcuni progetti di Le Corbusier la strada entra e attraversa l’edificio, contribuendo in modo decisivo alla definizione della sua struttura. La via di collegamento con Siviglia si converte quindi in vera origine della geometria dei due diaframmi paralleli e lineari che compongono la pianta dell’edificio, la corte patio dei parcheggi e la stecca ipostila dei terminal. E tutto il progetto, come nelle moschee andaluse, quella di Córdoba, ma anche quella di Siviglia, si costruisce sul rapporto tra patio degli aranci e basilica-moschea colonnata. Il parcheggio diventa così per Moneo un vero e proprio patio degli aranci, punto chiave di tutto il complesso. Tutto gira attorno al patio. Il patio parking è l’ultimo contatto dei viaggiatori con la terra.
La sala ipostila è invece costituita da una doppia serie di cupole, sostenute da grandi archi poggianti su un unico pilastro coronato da un capitello, cupole blu che creano uno spazio dilatato, quasi infinito, bucato dai grandi lucernari zenitali che diffondono la luce andalusa nel grande spazio scuro della sala.

L’azzurro intenso delle cupole e dei rivestimenti interni è richiamato all’esterno dal colore delle coperture, realizzate con sistemi tradizionali ma con tegole in vetro speciali, prolungando un contrasto fondamentale alle latitudini dove la luce è di intensità così forte. Le facciate sono in blocchi di cemento realizzati con sabbie del luogo, che conferiscono all’edificio una tonalità di giallo tipica della terra Andalusa.
.












.
.
[1] GIORGIO GRASSI, Il carattere degli edifici, pubblicato in “Casabella”, LXVIII, n. 722, maggio 2004, p. 5.

[2] José Rafael Moneo Vallés, più conosciuto come Rafael Moneo (Tudela, 9 maggio 1937) è un architetto spagnolo. Dopo essersi laureato nel 1961presso la Escuela Tècnica Superior de Arquitectura di Madrid (ETSAM), lavora presso lo studio di Jørn Utzon a Hellebaek, in Danimarca per due anni. Poi dal 1963-65 studia a Roma dove ha vinto una borsa presso l'Accademia di Spagna. Nel 1976 parte per gli USA e lavora per due anni nell'Istituto di Architettura e Studi Urbani di New York. Ha realizzato numerosi progetti in tutto il mondo, e ha ricevuto molti riconoscimenti fra cui il prestigioso Premio Pritzker nel 1996.

Nessun commento: