giovedì 18 settembre 2008

Alcune considerazioni federali / 1

Conoscere il nostro passato è fondamentale per poter progettare il nostro futuro. Oggi si parla, finalmente, di federalismo, di federalismo fiscale, di nuova struttura dello stato. Ma il federalismo è un patrimonio solo dell'attuale destra o è un patrimonio di tutti? Da dove veniamo? Com'era la struttura dello stato di Milano?
Provo in queste brevissime righe a focalizzarmi su alcuni punti/spunti che mi sembrano interessanti o che comunque potrebbero far pensare.

I Comuni nel Ducato di Milano (sec. XVI - XVIII)

L’organizzazione e l’attività amministrativa delle comunità che componevano il contado milanese può essere ricostruita attraverso la documentazione raccolta in occasione delle operazioni censuarie iniziate nel ‘700 da Carlo VI e terminate durante il Regno di Maria Teresa. A questo proposito particolarmente significativa è la documentazione teresiana costituita dal questionario promosso dalla Giunta preposta ai lavori del censimento, nota come “Risposte ai 45 quesiti della Giunta del censimento”[1].
Il profilo dell’amministrazione delle comunità desumibile dalle risposte dei cancellieri al questionario appare strettamente intrecciato al sistema fiscale vigente nel XVIII secolo, sistema particolarmente tortuoso e articolato, difficile da interpretare.

Caratteristica della vita locale era l’autonomia, sia territoriale che amministrativa, oggi potremmo dire federale, con separazioni tra un comune e l’altro, tra un comune e le cascine vicine – costituite spesso dalle abitazioni di fittabili e pigionanti di un grande proprietario, aggregate al comune confinante solo fiscalmente – o ancora separazione tra cascine confinanti, le quali, costituite da poche case che si definivano Comune[2], si amministravano separatamente e separatamente pagavano la loro quota fiscale. Insomma una sorta di struttura federativa che partiva dal basso sino ad arrivare a Milano, e di li all’Impero.

«Tra le istituzioni amministrative di ogni comunità, l’organo apparentemente più rappresentativo era l’assemblea dei capi di casa, denominata per lo più Consiglio generale o Convocato, riunita in via ordinaria almeno una volta all’anno, solitamente in un giorno di festa, nella pubblica piazza, dopo il suono della campana, e soprattutto dopo otto giorni dall’avviso fatto recapitare agli interessati dal console. Sua prerogativa era l’approvazione dei bilanci, la ripartizione degli oneri, il rinnovo delle cariche comunitarie. Riunioni “straordinarie” erano invece indette per discutere problemi di particolare rilevanza o per far fronte a situazioni inaspettate ed imprevedibili, provocate da calamità naturali, dalla guerra, dall’alloggiamento di eserciti, o ancora quando si trattava di approvare ulteriori aggravi finanziari a carico della comunità o di prendere decisioni che incidevano sul “patrimonio pubblico”»[3].

[1] Anche la Comunità di Garbatola nell’aprile del 1740 risponde ai 45 quesiti, l’autore fu il cancelliere della Comunità Carlo Franc.o Trachino. Documento originale conservato presso l’Archivio di Stato di Milano. La comunità di S.Ilario, allora Cassina del Pe’, era invece con la comunità di Nerviano, pertanto non ci sono le risposte ai quesiti per S.Ilario.

[2] Dalle risposte ai 45 quesiti della giunta del censimento del 1751 risulta che il Comune di Garbatola contava circa 290 anime ed era amministrato dal console, tutore dell’ordine pubblico, e dal primo estimato. Un cancelliere, residente in Milano, e un esattore, scelto con asta pubblica e nominato ogni tre anni dal primo estimato, completavano l’apparato amministrativo. Nel 1771 il comune contava 182 abitanti. Nel compartimento territoriale della Lombardia (notificazione 23 giugno 1853) Garbatola risulta ancora compreso
nella provincia di Milano, distretto XIV di Saronno. La sua popolazione era formata da 285 abitanti.

[3] GIORGIO SASSI, KATIA VISCONTI, Profili istituzionali generali, in A.A.V.V., Le istituzioni del territorio lombardo. XIV-XIX secolo, progetto CIVITA, Regione Lombardia, Direzione Generale Cultura Servizio biblioteche e sistemi culturali integrati, Milano, dicembre 1999, p. 24.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quando sento il presidente della repubblica definire il federalismo una "priorità ineludibile" penso a quanto tempo si sia gettato via in assurde diatribe basate solo sull'ideologia o sulla speculazione politica. Il federalismo non deve essere patrimonio di alcuna parte politica, sarebbe anzi auspicabile che, finalmente, tutti riconoscano la forma federale come la più calzante per la nostra realtà, oltre ad essere la forma più diretta di amministrazione, quindi più vicina ai cittadini ed ai loro bisogni (nonchè al loro controllo). Nel post affermi che "Oggi si parla, finalmente, di federalismo, di federalismo fiscale, di nuova struttura dello stato"... In verità qualcuno ne parlava quando tu andavi ancora alle scuole medie (ehehehehe) e veniva preso per folle visionario. Ma se andiamo a ritroso troviamo tracce importantissime sia nel pensiero del Cattaneo che in quello di Don Sturzo. Questo semplicemente per dire che la "vena" federalista ha solide ed autorevoli basi nonchè insigni padri. E questo senza aver la pretesa di andare a scimmiottare l'organizzazione di stati federali che nulla hanno a vedere con la nostra storia e la nostra cultura.
P.S. Grazie per aver richiamato il Ducato di Milano: geograficamente e linguisticamente la ritengo la mia Nazione. In alt la Bissa!