venerdì 19 settembre 2008

Alcune considerazioni federali e altro / 2




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Per precisare meglio: quando dico "finalmente si parla di federalismo" intendo dire che finalmente dopo alcuni anni in cui l’attenzione si è fissata solo su futili e stupide polemiche, su leggi ad personam, su vaccate, faziate, moggiate, colossali, su porta a porta matrix il delitto di cogne e vespate simili, vaccate operate soprattutto da parte dei governi di destra (questo me lo concederete, anche perchè quello di sinistra è stato in carica pochissimo e ha solo "risanato" e recuperato quella poca credibilità che il buon premier aveva sperperato tra foto con le corna, insulti all’europarlamento, frecciatine ai primi ministri donna degli altri paesi, ecc), finalmente si torna a parlare del paese, del futuro e della struttura di questa nostra italietta.
Ovviamente non appena si inizia a parlare nel merito delle cose arriva subito, tra capo e collo, una mazzata come il crack Alitalia, con la cordata dei soliti imprenditori italiani, Caltagirone, Ligresti, diciamo, usando un eufemismo, non troppo candidi, e l'attenzione mediatica si sposta e torna sulla pancia di Berlusconi, sui capelli del premier, sui baffetti di D'Alema e via dicendo. In mezzo alla tempesta mediatica a cui siamo sottoposti, sono contento che questo spazio, nel suo piccolo, piccolissimo, microscopico spazio, sia divenuto e stia diventando un punto dove fermarsi, una piazza dai muri semplici e uguali immersa in una città dai mille tettucci, tettini, sottotetti, un luogo dove riflettere e scambiarsi opinioni, anche tra persone aventi culture e storie diverse e simili. «Per guarire la città dai suoi mali, è necessario saperne il passato; per renderla obbediente alla giustizia (ed eliminare i suoi riti più duri e barbarici) occorre conoscerne l'origine vera, arrischiare il viaggio nll’àdelon, nel non-evidente, in ciò di cui sembrava impossibile potesse esservi histor»[1]. Studiare la storia di una comunità e di un luogo non serve quindi solo all’erudito, al curioso o allo studioso, serve al governante, serve all’amministratore, serve al progettista. E per questo continueremo, finché le forze lo permetteranno a tenere aperta questa finestra, cercando, a fatica di aggiornarla.

Le circoscrizioni territoriali del Ducato di Milano
(Secoli XVI-XVIII)
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Fin dall’epoca viscontea il territorio del Ducato di Milano era articolato in circoscrizioni di varia ampiezza che potevano includere un numero variabile di comunità e di terre.

«In epoca medioevale il termine pieve designava una circoscrizione ecclesiastica del contado facente capo a una chiesa battesimale – detta chiesa plebana – situata generalmente in un centro abitato di una certa importanza – detto capo pieve – il cui clero era investito della cura delle “anime” che popolavano la circoscrizione stessa. Ma già dal secolo XII e sempre più nel corso del secolo successivo, in piena età comunale, la pieve oltre a conservare il carattere originario di circoscrizione ecclesiastica aveva gradualmente assunto anche carattere di giurisdizione civile.
[...] Tali circoscrizioni – pievi, corti, squadre – andarono sempre più costituendo un valido strumento che consentiva alla città di organizzare la ripartizione e l’esazione dei tributi e dei dazi imposti alle comunità del contado. L’organizzazione per pievi, che aveva caratterizzato la struttura amministrativa del ducato nel periodo in cui si venne a formare lo stato regionale visconteosforzesco, mantenne la propria configurazione anche quando, nella prima metà del XVI secolo, l’intero dominio entrò a far parte della monarchia spagnola. [...]
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[...] L’iniziativa del governo di Carlo V di procedere intorno alla metà del XVI secolo ad una generale riforma del sistema tributario dello stato di Milano e le tensioni politiche indotte, tra le città e i rispettivi contadi, dalla lunga e conflittuale gestazione dell’estimo generale, diedero un impulso decisivo all’affermazione di nuove forme di rappresentanza dei contadi portando anche le terre ed i borghi che facevano parte del ducato milanese – che si ritenevano maggiormente vessate dal peso fiscale – a costituire in difesa dei propri interessi un nuovo organo, la Congregazione del ducato, composto dagli anziani nominati da ciascuna delle 65 pievi fra cui venivano ripartiti i tributi. Gli anziani, esperti conoscitori dei problemi e delle situazioni che caratterizzavano la realtà locale, avevano la funzione di rappresentare nella stessa congregazione del ducato gli interessi e le rivendicazioni delle comunità da cui erano stati eletti»[2].

[1] MASSIMO CACCIARI, Geofilofosia dell’Europa, Adelphi Edizioni, Milano, 1994, p.14.

[2] GIORGIO SASSI, KATIA VISCONTI, Profili istituzionali generali, in A.A.V.V., Le istituzioni del territorio lombardo. XIV-XIX secolo, progetto CIVITA, Regione Lombardia, Direzione Generale Cultura Servizio biblioteche e sistemi culturali integrati, Milano, dicembre 1999, pp. 18-19.

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