lunedì 7 gennaio 2008

Ricognizione sugli studi della Forma Urbana di Milano. Dalla civiltà di Golasecca alla Milano Insubre

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La questione della città romana a Milano è inseparabile da quella del rapporto con l’insediamento preesistente. La lettura del modo in cui tale insediamento ha condizionato o compromesso il piano romano, è alla base di interpretazioni assai diverse. Le due ipotesi sulla forma urbis Mediolani, proposte negli anni cinquanta del novecento prima da De Marchi, poi da de Finetti, Calderini, Caniggia e Mirabella Roberti, sembrano oggi parzialmente superate, alla luce degli importanti studi condotti, a partire dagli anni ’80, principalmente da Arslan, Caporusso, Mori e Rossignani. È quindi necessaria una revisione critica anche a partire dagli scavi effettuati negli ultimi anni del XX secolo e dalle recenti indagini stratigrafiche condotte in vari punti della città[1].

Mentre per de Finetti le ragioni della forma pentagonale di Milano sono da ricercare nell’accorpamento di due insediamenti ben distinti, i recenti studi della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, durante gli scavi di via Moneta, nei pressi dell’antico foro e nel cortile di Palazzo Reale, hanno dimostrato, anche grazie alle nuove tecniche capaci di individuare le tracce in negativo – tagli, asportazioni, buchi di pali, materiali utilizzati – la continuità di occupazione della zona centrale di Milano a partire dal V secolo a.C. Inoltre una serie di ritrovamenti riferibili al V sec. a.C., la cosiddetta età di Golasecca III A, in corrispondenza delle isoipse 119, 120,121 metri sul livello del mare, comprese tra l’attuale piazza del Duomo, San Satiro, il Cordusio, via Meravigli e via Moneta, accrediterebbero l’ipotesi che gli Insubri fondarono il loro principale centro presso un preesistente villaggio golasecchiano. Si trattava di una zona asciutta, priva dei caratteristici depositi di anfore che servivano come drenaggi delle zone umide, sulla quale probabilmente convergevano tutte le direttrici commerciali protostoriche. Sembra ragionevole quindi supporre una sorta di primo insediamento organizzato a ventaglio e aperto verso gli altri centri golasecchiani di Gallarate, Varese, Como e Bergamo.

La parte dell’insediamento compresa grosso modo tra piazza del Duomo, via Meravigli e via Valpetrosa, per una superficie di 12 ettari, corrisponderebbe al nucleo protostorico, che per la maggiore antichità delle unità stratigrafiche rinvenute dagli archeologi e per l’accumulo dei diversi livelli di occupazione doveva sorgere su un dosso. Su questo dosso e su un precedente insediamento del V sec. a.C.[2] si era sviluppato l’oppidum celtico, poi razionalizzato, trasformato, ampliato, romanizzato.


[1] Cfr. A. C. MORI, La zona del foro e l’ubanistica di Mediolanum alla luce dei recenti scavi, in AA.VV., Felix Temporis Reparatio, Edizioni ET, Milano, 1992, pp. 27-44;
[2] R. C. DE MARINIS, Nouvelles données sur le commerce entre le monde méditeranéen et l’Italie septentrionale du VIIème au Vème siècle avant J.C., in AA.VV., Les princes celtes et la Méditerranée, Rencontres de l’École du Louvre, Paris, 1988, pp. 45-56.

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